Recensione in anteprima (No spoiler) – L’avventura finale iniziata con “Infinity War” un anno fa si presenta con la sua seconda e ultima parte. Una conclusione che non è solo la fine di un doppio film ma anche l’epilogo di un’intera storia sviluppata all’interno di un arco narrativo ampio che ha incluso un universo intero di supereroi durante oltre dieci anni di cinema e 22 film. Al cinema dal 24 Aprile.

Gli Avengers arrivano al finale di partita e, disintegrati i potenziali eredi e ultimi arrivati come Spider-Man, il Soldato d’Inverno, Falcon, Dottor Strange e Pantera Nera, oltre a buon parte dei Guardiani della Galassia, tocca principalmente ai membri sopravvissuti, con l’aggiunta di Ant-Man e della potentissima Captain Marvel (già segnalati nei trailer e nelle scene post credit di altri film), trovare una soluzione allo schiocco di dita di Thanos. L’unica cosa certa è che sarà il “finale” del gigantesco arco narrativo iniziato da Marvel Studios nel 2008 e sviluppato in oltre 10 anni.

Umani ed eroi

Quando si deve scrivere di un film così ricco di dettagli che possono poi far fantasticare il lettore e, senza volerlo, indirizzarlo verso certi ragionamenti, è difficile non incappare in spoiler. Questa recensione però si pone questo obiettivo. Non si parlerà di trama, probabilmente, in questi casi, dopo la conclusione di “Infinity war”, rimane chiaro l’obiettivo che si prefiggono i sopravvissuti in “Endgame”.

Nelle tre (lunghe) ore di film, in realtà poco meno di 2h e 50, senza i titoli di coda, la domanda che viene posta indirettamente allo spettatore è riguardo alla natura di umani o eroi, eventualmente supereroi. Il cosa fare “dopo”, il cosa fare “nonostante”. Tra il ricordo sofferente di chi non c’è più e la profonda rabbia per non esser riusciti a fermare Thanos. Tra l’essere guida e l’essere dimenticati.

La regia gioca forse eccessivamente con lo spettatore nel proporci una lunga sequela di situazioni, elaborazioni del lutto, infiltrazioni semi-comiche e grottesche. Ma funziona. Un estremo richiamo alle armi che non può rimanere inascoltato. E’ la parte più amara, la parte anche, a tratti più divertente e più umana.

Quando si vince si perde e quando si perde si vince

“Diciamo agli altri di andare avanti, alcuni lo fanno, ma noi non l’abbiamo ancora fatto”

Non si può smettere di sperare, e c’è chi non lo fa. Mentre altri sono propensi a farlo, a lasciarsi, letteralmente andare. Modello di questo sconforto e ripiegamento su sè stessi è Thor, un Chris Hemsworth che possiamo definire largamente “fuori dai suoi panni” abituali. Capire che la sconfitta può essere stimolo per ripartire non è da tutti e non tutti.

“Non essere riuscita a farti smettere è stato uno dei pochi fallimenti della mia vita”

La speranza è nella natura umana. C’è un legame invisibile che collega i “superstiti”.  Ogni minuto ed esperienza serve per riscoprire, saldare e rendere indissolubile quel legame che va oltre l’amicizia, va oltre il senso stesso di gruppo o famiglia.

Alcune figure vengono poste così più in luce rispetto ad altre. Punto di forza e, allo stesso tempo di debolezza di un film che punta sullo stupore del fan cercandolo nei luoghi (fisici e simbolici) cari allo spettatore più accorto, o, semplicemente, a colui che si ricorda molto bene tutti i film e le caratteristiche dei personaggi. Già dalle anticipazioni Iron Man (Robert Downey Jr) e Captain America (Chris Evans) rappresentano le due anime storiche che si confrontano apertamente all’interno del gruppo.

Tutto quanto va come deve andare

Le miriadi di ipotesi e di soluzioni si sono sprecate in rete sul possibile finale ma oltre alla citazione del sottotitolo non esiste una chiara versione di quanto ci aspettiamo di vedere. O meglio, quando allo spettatore viene pian piano ricostruito tutto l’immenso quadro degli 11 anni di MCU, oltre a fare il tifo, a incarnare l’animo di uno o più eroi, il film catalizza l’attenzione per una soluzione ovvia ma non banale, coerente ma al tempo stesso piena di tanti interrogativi.

Se le tre ore spaventano, sicuramente il film se le prende tutte perché ne ha bisogno. Non è così semplice come nei tanti film citati (per esempio “Star Trek”, “Il Signore degli anelli” per l’epicità di una battaglia in particolare) dalla versione più nerd dei componenti del gruppo. Si tratta di una specie di “road movie” nell’universo creato dalla Marvel ed è un incastro calcolato al millimetro con grande opera di truccatori, scenografi e maghi del makeup e della CGI per ringiovanire, invecchiare, ingrassare, dimagrire, imbruttire e abbellire il supereroe di turno.

La prima parte è giustamente lenta, melanconica, quasi post-apocalittica, perché in realtà una mezza apocalisse c’è stata. Sembra tutto incontrovertibile, rassegnato, scolorito. Forse la parte meno action e più riflessiva, che tiene a bada tutte le cartucce per un finale estremamente scoppiettante, gagliardo, commovente.

La fine è un nuovo inizio

“Avengers Endgame” si trasforma quindi nel perfetto finale di un’era, probabilmente irripetibile in questi termini di seguito e di qualità nelle storie e nei film. Non un riassunto, mai un compendio, solo un saluto che non è estremo solo perché sappiamo che il mondo dei fumetti al cinema, anzi dei cinecomic ha già in programma altri capitoli.

Pensare che in quasi tre ore non ci siano momenti di stanchezza e di poco ritmo che potrebbero annoiare è pura utopia. Il film intrattiene, con un crescendo di emozioni, alcune genuine, alcune telefonate. Altre ancora invece, raccolgono la vera essenza di chi si è chiamati ad essere prima del chi si dovrebbe essere.

Molto ben ricostruiti i legami con tutti i film (singoli o collettivi) precedenti, così come ben presenti sono tutti i supereroi e i personaggi che abbiamo conosciuto in questi anni, con le loro famiglie, con i loro amori e affetti. Alcune scene sono commoventi fino alle lacrime.

Pur essendo un perfetto finale, il film non è una fine, ma rappresenta un nuovo inizio. Non c’è più nulla da riscattare, c’è da mettere a posto. Questo film mette a posto tante cose anche le “uscite di scena” annunciate del cast coinvolto. Come quando gli amici si allontano, dopo una vita passata tra momenti tristi e felici, ma è stata una grande avventura chiamata “pezzo di vita”. Si vince o si perde, con i sacrifici quotidiani. Alcuni amano e altri no, alcuni odiano e altri no. Ad alcuni manca qualcosa, ad altri mancherà qualcuno.

Il cinema giusto per il film giusto

Abbiamo avuto il privilegio di apprezzare, a poche ore di distanza, la proiezione in un cinema di buona qualità e la proiezione in sala Energia Arcadia di Melzo con impianto Dolby Atmos.

Oltre alla dimensione dello schermo che ha ingigantito oltre ogni misura facce e corpi dei protagonisti del film in modo impeccabile, è da apprezzare soprattutto l’audio in sala Energia. Probabilmente per questa prima è stato anche “esagerato”. I toni bassi hanno fatto vibrare parecchie volte le poltrone ma penso che sia il giusto modo per entrare totalmente nel film. Farsi circondare dall’azione e dai suoi suoni. Un’esperienza unica.

Voto: 7,6

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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