Recensione in anteprima – Venezia ’23 – In concorso – Ventesimo lungometraggio per la settantacinquenne regista polacca Agnieszka Holland che porta a Venezia un film che parla della storia recentissima della sua Polonia. In una terra di confine la contesa sugli immigrati si fa operazione politica e di propaganda sulla pelle di donne, bambini e uomini indifesi e che cercano solo asilo politico e salvezza. Prossimamente nei cinema grazie alla distribuzione di Movies Inspired
La storia
2021. Una famiglia siriana atterra a Minsk per cercare di raggiungere il confine tra Bielorussia e Polonia e, una volta entrata nell’Unione Europea, raggiungere dei parenti in Svezia. Ma la foresta che separa i due paesi è ormai teatro di una guerra di sopravvivenza per i rifugiati, presi in mezzo tra la propaganda del presidente bielorusso Lukashenko, che li attira nel paese per sovraccaricare il confine e destabilizzare i governi occidentali, e la violenta repressione da parte della polizia di frontiera polacca, che su ordini del governo Duda cerca di ricacciarli indietro senza alcun riguardo.
Il film è diviso in 6 parti più un epilogo. In queste parti ben distinte da cartelli in scritta bianca su sfondo nero viene descritta dalla regista un diverso punto di vista della vicenda riguardante i rifugiati. Se il filo conduttore della prima parte risulta la famiglia con tre bambini, di cui uno appena nato, un nonno e una signora afgana che si aggiunge, nella seconda parte abbiamo il punto di vista polacco impersonato da tre diverse categorie: la singola guardia, gli attivisti e Julia (Maja Ostaszewska), una psicologa che si rende disponibile alla causa.
I diversi punti di vista
Il bianco e nero presente in tutto il film crea nello spettatore un doppio effetto. Un primo effetto riguarda l’impressione che quelle immagini siano qualcosa di lontano nel tempo, come storia accaduta in passato ma che invece è tuttora presente. Un secondo effetto riguarda la considerazione che si tratta di verità storica. Come per i filmati delle grandi guerre passate del novecento lo spettatore ha la convinzione che la vicenda narrata sia vera. Nel film si tratta di ricostruzione da fiction ma quanto avviene realmente non è molto lontano da quanto descritto nel film.
L’opera quindi di Agnieszka Holland è di denuncia e lo fa sotto diversi punti di vista. Non vi è una parte buona o cattiva di coloro che ostacolano l’assistenza ai rifugiati. La descrizione del fenomeno è molto più complessa e per quanto la regista dia un taglio quasi giornalistico nella struttura del racconto, le immagini prendono vita e colore nonostante il bianco e nero. L’assenza di colore e quindi di umanità è nei giochi di potere e di propaganda da entrambe le parti del confine.
Attraverso una buona regia e una intelligente caratterizzazione dei personaggi il pubblico tifa per i rifugiati, ne subisce le angosce, le paure, le violenze fisiche e morali. L’empatia dello spettatore è sempre più crescente e la situazione del confine polacco-bielorusso è ripetibile, purtroppo, in tanti altri confini.
Storia recente anzi attuale
L’epilogo mette in risalto ancora di più quanto attuale sia la storia nonostante venga collocata quasi due anni fa. E’ una storia che continua, la situazione al confine è la medesima e morti e feriti si contano in decine di migliaia. L’accusa esplicita ai giochi di potere, alla propaganda delle parole vuote e tronfie di orgoglio è presente sovente. La vediamo nelle immagini, la percepiamo nelle parole dei tg fuori campo, la sentiamo nelle parole dei personaggi.
L’immobilismo e l’ipocrisia dell’Unione Europea vengono citate più volte. Emblematica è la bandiera europea con le stelle disegnate sul muro di una casa con davanti la famiglia ormai sfinita dalla stanchezza del viaggio. Udibile e chiara è la risata di un’attivista proprio a rimarcare la completa inutilità dell’UE in questi casi.
Oltre alla famiglia siriana il pubblico conosce anche qualcosa di intimo e personale di Julia e della guardia. Due personaggi chiave descritti molto bene. “Green border” non è un film perfetto, ma ha un messaggio chiaro, crudo, necessario al fine di combattere queste situazioni che hanno fanno morire “mille volte”
Voto: 7,3