Recensione in anteprima – Prima parte di una produzione interamente di Kevin Costner, qui regista, attore e produttore. Un prodotto diviso almeno in tre parti, forse quattro. Le prime due vedranno la sala nel 2024. Questo primo capitolo introduce lo spettatore al mondo western e ai personaggi ideati da Costner. Un film che guarda all’epica con una colonna sonora e una fotografia che rimane nei cuori. Al cinema dal 4 luglio.
La storia (prima parte)
Montana, 1859. Due anni prima della guerra civile, carovane di coloni in cerca dell’eldorado si installano lungo il fiume coi loro carri, i loro ricordi lasciati oltreoceano e i loro sogni. Ma gli indiani non ci stanno, è una questione di terra, la loro terra. Gli Apache attaccano di notte e di giorno i ‘bianchi’ fanno la conta dei loro morti. Poi tutto ricomincia, altri convogli arrivano, altri indiani resistono, come possono, all’inevitabile. Una guarnizione dell’esercito degli Stati Uniti, insidiata a quaranta chilometri dal territorio conteso, corre in soccorso dei sopravvissuti.
Intanto in Wyoming, un avventuriero (Kevin Costner) solitario e laconico e una prostituta (Abbey Lee) intraprendente fuggono un cavaliere vendicativo che vorrebbe mettere le mani sul bambino che conducono con loro. Separati e uniti cavalcano tutti verso lo stesso destino, verso la loro porzione del sogno chiamato America.
Tre archi narrativi all’inizio ben delineati si presentano al pubblico. Al pubblico rimane non perdersi tra i tanti rivoli che le storie possono potenzialmente proporre in quella che si annuncia una sorta di serie tv ma trasportata al cinema. Il film lascia tutto il tempo per ambientarsi perchè non rincorre l’azione a tutti i costi e privilegia anche passaggi panoramici con ottime inquadrature, bellissima fotografia e una colonna sonora in accompagnamento che produce enfasi e commozione.
Western extra large
Kevin Costner torna alla regia rispolverando il genere cinematografico che l’ha visto riscuotere i maggiori successi. Un’operazione che riporta al cinema un genere principe della sua storia e Costner produce un film in più parti dando vita a quella saga che è propria del titolo. Un ampio respiro che parte due anni prima della guerra civile. Il regista fa uso di date, di luoghi precisi, di nomi delle tribù specifici e di una ricostruzione scenografica, di costumi, usi, materiali molto ricercata.
Sin dalla colonna sonora, dalle storie che vengono raccontate, di come queste vengono presentate lo spettatore si trova di fronte a un classico western. Scene e dialoghi prevedibili, forse troppo, con personaggi forse oltremodo macchiette e clichè tipici del genere ma pian piano questa enfasi su queste caratteristiche costruiscono in chi vede il film e cerca di apprezzarlo, una sorta di familiarità che coinvolge.
“Horizon” è un western extra large, dilatato nei tempi perchè non ricorre l’azione frenetica. La centellina dando spazio ai silenzi e ai dialoghi, alle immagini della natura e ai dialoghi in lingua originale delle tribù degli indigeni. Uno spazio dovuto, ricercato, utile per comprendere le dinamiche in gioco, il carattere dei personaggi. Se l’idea è quella di avere di fronte uno schieramento preciso tra buoni e cattivi, questo schieramento non è così netto.
Di uomini, donne e bambini
Western classico e, quindi, personaggi classici. Personaggi perfettamente calati in quella che doveva essere la realtà di metà diciannovesimo secolo nell’ignoto deserto (non ancora) statunitense. Costner produce quindi un film “fuori moda”, rischiando e probabilmente fregandosene di tutti i detrattori per tutte le questioni poco “moderne” che il film sicuramente non rispetta.
“Horizon” è fatto di polvere, sangue, scontri violenti, pistole e fucili in bella mostra. E’ un film sporco che si specchia invece in una bellezza dei panorami perfettamente fotografati da J.Michael Muro. E’ un film, per certi versi, spietato che lascia spazio però ai legami familiari, i legami che devono essere difesi o vendicati. “Horizon” è fatto di solitudine ma anche di voglia di socialità, speranza, amore.
Le storie sentimentali che germogliano danno un tocco romantico all’intera opera. E’ un film quindi di uomini, donne e di bambini come li abbiamo conosciuti tutti nei film western, sputi e lavori borderline compresi. Kevin Costner si ritaglia addosso il personaggio di un cowboy solitario classico talmente prevedibile che risulta incredibilmente imprevedibile. Mentre l’alchimia maggiore la dimostrano Sam Worthington e Sienna Miller. Da sottolineare le prove di Abbey Lee e Jamie Campbell Bower.
In conclusione (anzi no)
“Horizon, an American Saga, parte 1” è un film che dura 3 ore che non pesano minimamente nemmeno se la visione è senza interruzione e in lingua originale. L’unico appunto inspiegabile riguardano i due-tre minuti finali che rappresentano un vero e proprio trailer della seconda parte. Un modo per esaltare nuovamente il pubblico con un ottimo montaggio e una bella colonna sonora ma che rischia di scaturire lo stesso errore del finale di “Ritorno al futuro 2”
La storia, anzi, le storie non si concludono con questo primo capitolo. Molto è ancora da delineare e la storia di tutte le famiglie coinvolte è ancora tutta da scrivere. Il film sicuramente è una grossa scommessa di Kevin Costner. Una scommessa totale mettendo in campo tanto western (forse) sorpassato e tanti soldi. Terzo capitolo fermato per il momento dallo sciopero degli sceneggiatori, secondo capitolo in arrivo nelle sale italiane ad agosto 2024 e un quarto capitolo nelle intenzioni del produttore/attore/autore/regista.
Con tanti difetti, molti dei quali perdonabili, il primo capitolo di “Horizon” appassiona, probabilmente non richiamerà in sala le grandi masse ma è un film al quale si vuole bene, ci si affeziona. Un po’ per le storie, un po’ per i personaggi pieni di sentimenti, speranze, sogni, un po’ anche per Kevin Costner e questa sua opera un po’ “fuori dal tempo”,e, forse, proprio per questo affascinante.
Voto: 7,2