Recensione in anteprima – Venezia 2023 – In concorso – Film d’apertura dell’80esima edizione della Mostra d’arte Cinematografica di Venezia in sostituzione del film di Luca Guadagnino che la produzione ha ritirato dalla kermesse per le note vicende di sciopero sceneggiatori, attrici e attori. Il film di Edoardo De Angelis, anche in concorso, porta al cinema lo storico personaggio del comandante Salvatore Todaro e della vicenda del Kabalo. Nelle sale dall’1 novembre.

La storia

All’inizio della Seconda guerra mondiale Salvatore Todaro (Pierfrancesco Favino) comanda il sommergibile Cappellini della Regia Marina. Nell’ottobre del 1940, mentre naviga nell’Atlantico, nel buio della notte si profila la sagoma di un mercantile che viaggia a luci spente, il Kabalo, che in seguito si scoprirà di nazionalità belga e che apre improvvisamente il fuoco contro il sommergibile e l’equipaggio italiano. Scoppia una breve ma violenta battaglia nella quale Todaro affonda la nave nemica a colpi di cannone.

Ed è a questo punto che il comandante prende una decisione destinata a fare la storia: salvare i ventisei naufraghi belgi condannati ad affogare in mezzo all’oceano per sbarcarli nel porto sicuro più vicino, come previsto dalla legge del mare. Per accoglierli a bordo è costretto a navigare in emersione per tre giorni, rendendosi visibile alle forze nemiche e mettendo a repentaglio la propria vita e quella dei suoi uomini.

Il film parte con un’immersione: il salto in mare improvvisato del comandante Todaro. E’ il suo salvataggio dopo essere stato ferito nell’incidente aereo del 1933 in cui lui è solo un osservatore. L’incidente provoca all’uomo dei problemi importanti alla colonna vertebrale per la sua restante vita e lo costringe a indossare un busto rigido che è protagonista delle prime scene.

Italiani brava gente

La prima parte del film vede protagoniste le donne, solo una parla, spesso con voce fuoricampo. Si tratta della moglie di Todaro, Rina Anichini (Silvia D’Amico) che commenta la partenza del marito, la quasi sicura morte, il non ritorno da quelle missioni. Un incipit riflessivo che non trova grande riscontro nelle vicende successive del film e che sembra forzare con un po’ di retorica uno spunto in realtà interessante e che poteva avere uno spazio meglio strutturato.

La vicenda del salvataggio dell’equipaggio del Kabalo è passata alla storia della marina. Una vicenda che viene riscoperta per il grande pubblico e che genera, ora come allora, un certo spiazzamento per quanto successo. Non è assolutamente usuale che il nemico venga salvato da morte certa in mezzo al mare da colui che ha affondato la nave. Ma gli

“italiani son brava gente”

direbbe qualcuno. Nell’immaginario collettivo autoincensatorio il buon cuore degli italiani traspare nel film. Come “buono” ma determinato risulta il personaggio del comandante. Rispettato dal suo equipaggio, temuto, per fama, dai nemici, risoluto, eroico e con esperienza nonostante la giovane età.

Il film si concentra solo sulla vicenda di questo salvataggio e, forse, il titolo “Comandante”, senza nessun nome e nessun articolo determinativo o indeterminativo vuole essere un omaggio a tutti i comandanti italiani della seconda guerra mondiale e a tutte le vite perse. Solo nel finale apprendiamo infatti che quasi la totalità dei sommergibili italiani è stata affondata durante la seconda guerra mondiale con perdite ingenti.

Uomini di mare

Dopo due film molto apprezzati da critica e pubblico come  “Indivisibili” e “Il vizio della speranza”, Edoardo De Angelis torna al cinema con un film molto diverso dai precedenti. Un film biografico che parla di una piccola ma significativa parte della vita di “un uomo di mare” come il comandante Todaro.

La vita, a bordo, è poco descritta limitandosi ad approfondire un po’ due, tre personaggi. Le dinamiche militari tra marinai non hanno motivo di essere approfondite mentre l’infortunio di Todaro non viene mai dettagliato. Scelte che privano di profondità alcuni spunti interessanti che avrebbero reso il film molto più accattivante e meno superficiale.

“Comandante” infatti, rispecchia l’animo e la strategia di battaglia di Salvatore Todaro. Caratteristica del comandante era battagliare con il sommergibile in superficie, guardando in faccia il nemico e in modo tale che il nemico lo vedesse in faccia. Nonostante il buon apporto della recitazione di Pierfrancesco Favino, qualche divertente scena più da commedia (una scena strappa una forte risata) che da dramma epico il film appare genuino e, forse, in parte deludente. L’impressione è che ci potesse essere molto di più sotto la superficie (marina e non marina) da presentare.

Voto: 6

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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