Recensione in anteprima – Secondo lungometraggio per William Oldroyd che si avvale di un’ottima scenografia e di due attrici in grande spolvero. Il film è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo del 2015 di Ottessa Moshfegh, qui anche co-autrice della sceneggiatura. Al cinema dal 30 maggio.
La storia
Nella Boston degli anni ’60 la giovane Eileen (Thomasin McKenzie) conduce una vita monotona lavorando come segretaria in un riformatorio minorile e prendendosi cura di Jim (Shea Whigham), il padre alcolista. Le cose cambiano con l’arrivo di Rebecca (Anne Hathaway), la nuova psicologa del carcere. Brillante e disinvolta, Rebecca esercita un fascino magnetico su Eileen, che rimane immediatamente attratta dalla sua eleganza. La loro amicizia prende però una piega pericolosa quando Rebecca le rivela un oscuro segreto.
La trama così esposta determina un film che inizia come un dramma e poi si riversa nel thriller psicologico. La presenza della scrittrice del romanzo come co-autrice della sceneggiatura permette di realizzare un film che ha una buona coerenza e che lascia al “non detto” la parte più intima e, per certi versi, scandalosa delle due donne, soprattutto di Eileen.

Eileen sempre in gabbia
Eileen è un mix tra una giovane donna e una ragazza già adulta in quanto è lei, forse troppo giovane e poco matura, a doversi occupare di suo padre, evidentemente malato. Ha avuto il lavoro in carcere e vive nella periferia cittadina che, da quanto si intuisce è anche una comunità molto conservatrice in linea con gli anni ’60 pre rivendicazioni sociali.
La sua casa è quasi come un carcere, e il suo lavoro si svolge in carcere. Eileen manifesta un animo sempre più in gabbia, complice, appunto, questa assenza di soluzione di continuità tra la sua vita privata, inesistente e la sua vita lavorativa. Situazione lavorativa, tra l’altro, ai margini delle attività del carcere da “signorina qualunque” che deve solo rispettare le regole della sua capo ufficio, dello psicologo etc.
Eileen è una ragazza che non ha mai avuto modo di esprimere il suo talento, le sue passioni, i suoi sentimenti e le sue paure. Nel film, tutte queste caratteristiche di Eileen vengono accennate come attimi rubati, vere e proprie evasioni furtive, nascoste. L’incontro con Rebecca diventa una rivelazione, il modello di donna che Eileen sogna di essere, vorrebbe apparire. Una donna sicura, emancipata, libera… l’esatto opposto di quanto è lei.
Ricostruzioni
Il film ha una buona ricostruzione della scenografia della Boston degli anni ’60 così come le auto, le case, gli abiti e le acconciature ricordano perfettamente quel periodo. Inoltre al film vengono dati colori tenui, poco brillanti che enfatizzano la vita monotona e incolore, priva di passioni libere di Eileen.
Boston è una città fredda climaticamente parlando, la vicenda si svolge a cavallo del periodo natalizio a rimarcare il periodo festivo che dovrebbe essere pieno di relazioni sociali e felicità con la vita di Eileen che è priva di relazioni e di momenti di gioia. Il trucco di Rebecca e poi quello, finalmente, di Eileen creano uno stacco dai colori del film che va oltre il simbolismo.
William Oldroyd dirige un film attento che si basa su una buona sceneggiatura. La prova di Thomasin McKenzie non teme confronti con il premio Oscar Anne Hathaway qui una sorta di Merilyn Monroe furba e fatale. Nel complesso un film discreto che ha diversi spunti interessanti.
Voto: 6,5