Recensione in anteprima – Dopo la presentazione di T’Challa in “Captain America – Civil War” ecco arrivare al cinema il film stand-alone dedicato a Black Panther. Un cinecomic diverso dallo stile a cui ci hanno abituati i Marvel Studios negli ultimi anni. Meno azione e meno humor in favore di una narrazione più ideologica. Al cinema dal 14 febbraio.

In seguito all’attentato alle Nazioni Unite e alla morte di Re T’Chaka vista in “Civil War”, il giovane principe T’Challa (Chadwick Boseman) è chiamato a fare ritorno in patria e a compiere il proprio destino; salire sul trono come nuovo Re del Wakanda. Superato il rituale di combattimento e ottenuto così in modo legittimo il diritto di regnare, T’Challa deve fare i conti con il passato segreto della sua famiglia e rimediare agli errori di suo padre e dei suoi antenati. Un nuovo pretendente al trono, Erik Kilmonger (Michael B. Jordan), vissuto nell’ombra e assetato di vendetta, grazie all’aiuto del ricercato contrabbandiere Ulysses Klaw (uno straordinario Andy Serkis) è pronto a sfidare la Pantera Nera e a condurre verso una rivoluzione tutti i fratelli africani oppressi nel mondo.

Non potrebbe esistere un film su Black Panther senza un’adeguata rappresentazione della sua terra d’origine. Finora il MCU ci aveva dato solo un piccolo assaggio del Wakanda in “Avengers: Age of Ultron”, ma mai presentandoci il suo popolo. Il fittizio paese subsahariano, proprio come concepito nei fumetti da Stan Lee e Jack Kirby nel 1966, costituisce un tassello fondamentale nell’universo Marvel. Come Nazione del Terzo Mondo ricca, potente e tecnologicamente avanzata, il Wakanda rappresenta la risposta critica contro la schiavitù e le oppressioni razziali del popolo afroamericano e sudafricano.

Black Panther più che trattare le origini del supereroe in se, delinea una origin story del Wakanda, la Eldorado africana. La fortuna del paese ruota attorno al Vibranio che pervade ogni singola creatura vivente. Non soltanto il metallo più resistente al mondo, ma vera e propria gallina dalle uova d’oro, applicabile a tutti i rami della scienza. Tutta l’antica tradizione wakandiana si fonda sulla protezione delle risorse naturali e dei propri discendenti ed è proprio la paura di essere derubata e conquistata da popoli estranei che ha portato il Wakanda ad isolarsi e celarsi al mondo intero. A difendere e proteggere questi ideali c’è la Pantera Nera, identità che viene affidata di generazione in generazione al sovrano del Regno.

Storia, politica, paesaggi mozzafiato, usi e costumi sono la vera forza trainante sia visiva che narrativa dell’intera pellicola. La scenografia restituisce in modo perfetto il quadro del territorio e delle tradizioni wakandiane. Natura e tecnologia si fondono in maniera equilibrata, arte e usanze tipiche africane si mescolano allo stile ultramoderno delle metropoli asiatiche e americane. Lo stesso mix di culture può essere percepito sia nei costumi che nella colonna sonora. Un comparto tecnico come sempre di rilievo, nonostante, questa volta, qualche incertezza a livello di CGI, meno brillante del solito.

Ryan Coogler (“Creed”), in veste di regista e co-sceneggiatore, ci offre una sorta di “Re Leone” dell’universo Marvel, qualcosa di inedito per quanto riguarda il panorama dei cinecomic della Casa delle Idee.

Per cercare di focalizzare l’attenzione sulla potente tematica di fondo, Coogler pone un freno alle scene d’azione compromettendo però il ritmo del film. Ne risulta così un cinecomic troppo lento, soprattutto nella parte centrale, e poco spettacolare. La stessa trama, inoltre, non riesce a catturare lo spettatore essendo priva di colpi di scena. Forse una delle più grandi pecche da questo punto di vista è l’aver rilasciato il trailer di “Infinity War” prima dell’uscita di Black Panther, cosa che ha minato non poco la suspense di quest’ultimo.

Black Panther rappresenta un nuovo esperimento dei Marvel Studios; un cinecomic atipico, più maturo e per certi versi meno “supereroistico”, che fa della bellezza estetica il suo cavallo di battaglia.

Voto: 6,8

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