Recensione in anteprima – Venezia ’23 – In Concorso – 2012 – 2015 – 2023 Stefano Sollima conclude a distanza di 11 anni dal primo capitolo la propria ideale saga cinematografica sulla Roma criminale con Adagio, presentato in concorso all’80esima Mostra d’arte cinematografica di Venezia. Dal 14 dicembre al cinema.
Roma(nzo) criminale
Manuel (Gianmarco Franchini) è un ragazzo adolescente che sopravvive in una Roma quasi post apocalittica, minacciata da interminabili incendi. A causa della mancanza di una madre, Manuel è l’unico appoggio per il padre che soffre di disturbi cognitivi. Per racimolare soldi Manuel si arrangia come può e ci viene presentato la sera in cui alcuni carabinieri corrotti lo costringono ad andare ad una festa in centro città per fotografare un uomo mentre sniffa cocaina in atteggiamenti sessuali con minorenni. Il giovane riesce nel proprio intento ma scopre presto di essere finito in una situazione più grande di sé e, spaventato, scappa.
Gli uomini che lo avevano mandato in missione non sono però permissivi nel lasciare andare un ragazzo che sa chi sono e potrebbe parlare di loro. Manuel cerca protezione quindi presso un vecchio amico del padre, ora cieco, che decide di aiutarlo e lo indirizza poi verso un altro personaggio legato al passato del padre del ragazzo. Il padre di Manuel è Daytona (Toni Servillo) e insieme a Pol Niuman (Valerio Mastandrea) – il cieco – e Camel (Pierfrancesco Favino) rappresenta una triade che nel passato ha ricoperto un ruolo importante all’interno dell’organizzazione mafiosa della Banda della Magliana.
La fine di un’epoca
Sollima chiude la propria trilogia cinematografica sulla malavita e sugli scontri nella capitale con un film che tratta idealmente di un passaggio generazionale. L’opera infatti si pone come testamento di una realtà che non esiste più, di un mondo che oggi non è più possibile. Il senso che sembra percorrere le scene di “Adagio” è infatti quello della nobiltà, della moralità e del senso che poteva avere la criminalità un tempo. Oggi comanda solo il denaro, non esistono buoni e cattivi, non esiste giusto e sbagliato e non esistono le guardie e i ladri.
Gli ultimi rimasti di una generazione in declino possono solo dimostrare fino alla fine i valori e gli ideali di fratellanza, di cameratismo e di unione che ormai non si trovano in altri contesti. “Adagio” è un film profondamente romantico, vanta un’anima di grande sensibilità, capace di capire i problemi delle nuove generazioni ma dimostrando una grande ammirazione per le soluzioni vecchio stile.
Attese (in)soddisfatte
Non si può criticare a Sollima la tecnica, l’astuzia, la ponderazione con le quali dirige l’azione in questo film. “Adagio” gode delle capacità che il regista nostrano ha guadagnato nelle sue esperienze oltre oceano e rappresenta un faro per chiunque nel nostro paese voglia realizzare cinema d’azione. Nonostante questo, era lecito aspettarsi i fuochi d’artificio per quest’opera conclusiva del percorso del regista. “Adagio” narra una storia che interessa e che intrattiene ma non aggiunge nulla a quanto fatto con i film precedenti.
Il solo scopo sembra quello di chiudere una parentesi aperta undici anni prima, dimostrando come il percorso abbia impreziosito il bagaglio tecnico del conducente, ma il cui arrivo non entusiasma. Un commiato onorevole.
Voto: 6.8