Recensione in anteprima – Roma 17 (2022) – Grand Public – Renato De Maria ritorna con un suo lungometraggio ad un festival dopo l’apprezzato “Italian gangsters” della sezione Orizzonti a Venezia. Regista che segna una nuova opera di produzione e distribuzione Netflix dopo il deludente “Lo spietato”. “Rapiniamo il duce” si innesta nel filone degli Heist movie. Dal 26 ottobre su Netflix

La storia nella storia

Aprile 1945: l’Italia è allo sbando, la Repubblica Sociale Italiana è allo sbando, Milano è allo sbando. La Resistenza e gli Anglo-Americani stanno per rovesciare definitivamente quel che resta del regime fascista, e ognuno si arrangia come può: lo fa Isola (Pietro Castellitto), ladro e contrabbandiere della borsa nera milanese, assieme ai fidati Marcello (Tommaso Ragno) e Amedeo (Luigi Fedele); lo fa Yvonne (Matilda De Angelis), cantante del Cabiria, che si divide tra l’amore di Isola e le attenzioni pericolose di Borsalino (Filippo Timi), gerarca fascista; e lo fa lo stesso Borsalino, scisso tra il controllare con pungo di ferro la città e l’organizzazione della fuga in Svizzera per i gerarchi in caso di sconfitta. Quando l’oro di Mussolini arriva a Milano, Isola e soci scoprono la notizia, e decidono di mettere in atto il furto che cambierà le loro vite – e forse anche la storia…

Una storia particolare immersa nella storia di fine seconda guerra mondiale. Ovviamente il film non ha nessuna velleità di apparire fedelmente storico riguardo alle vicende dei personaggi inventati. Risulta però verosimile nelle atmosfere, nelle dinamiche sociali con una piccola pecca, sembra che la popolazione milanese non sia presente in città. Una città sicuramente ferita, martoriata dai bombardamenti, con i cittadini rinchiusi nei rifugi ma che rimane comunque un po’ troppo deserta.

Meccanismi collaudati

Un meccanismo collaudato per quanto riguarda il cinema italiano che può annoverare precedenti di successo (seppur in forma diversa) come “Smetto quando voglio”, “Non ci resta che il crimine” et similar. Prodotti spesso “confezionati” privilegiando logiche di mercato rispetto a interpretazioni artistiche o importanza culturale. Il film inizia nella Milano del 1945 ma già la seconda scena siamo inspiegabilmente catapultati all’entrata del cinema Lux di Torino.

Imprecisioni, disattenzioni, dettagli poco curati. Dall’altra parte invece vestiti, costumi, equipaggiamenti studiati nei minimi dettagli che coinvolgono lo spettatore nell’atmosfera degli anni 40 durante il periodo bellico. Nell’insieme il film funziona, diverte, intrattiene come deve fare un film destinato alle piattaforme streaming ma manca un qualcosa di particolare, che permetterebbe allo spettatore di immedesimarsi in uno o in più personaggi.

Il cast e l’algoritmo

Il cast offre delle buone interpretazioni nonostante la sceneggiatura non abbia nulla di originale e lo sviluppo dei personaggi non è certamente l’obiettivo principale del film. I dialoghi infatti non sono certamente ricercati e sono essenzialmente funzionali al “colpo” architettato secondo un già citato canovaccio che vede dapprima reclutare i componenti della “banda” presentandoli per poi passare all’azione.

Un’azione moderna, con personaggi che, in realtà, seppur credibili, mal si incastrano nella realtà dell’epoca ritornando allo spettatore un personaggio (soprattutto quello impersonato da Matilda De Angelis) molto più vicino ai giorni nostri. Anche questo aspetto è l’ennesimo ingrediente di un prodotto che è stato studiato non tanto per il grande schermo ma, soprattutto, per il piccolo schermo dello streaming.

Una clientela che deve essere intrattenuta tra le mura di casa, in modo tale da coinvolgere più pubblico possibile e decretarne un numero elevato di visualizzazioni e, nell’idea dell'”algoritmo” una buon apprezzamento.

Voto: 6,2

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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