Recensione – Il successo di “Inside Out” nel 2015 riporta sullo schermo gli abitanti della mente di Riley per un sequel molto atteso. Una continuazione quasi pronosticata nel finale, della vita della piccola Riley che, in questo film inizia ad affrontare l’adolescenza. Nuove emozioni che si innestano in maniera creativa, a tratti invasiva e che vengono gestite molto bene. Al cinema dal 19 giugno.
La storia
Riley (Kensington Tallman/Sara Ciocca) è diventata ufficialmente una teenager: il che significa apparecchio per i denti, sonni inquieti e un’improvvisa voglia di rispondere male ai genitori. Il fatto è che con la pubertà la consapevolezza di sé di Riley è andata in crisi, complice anche la scoperta che le sue due migliori amiche, Grace (Grace Lu/Bianca Demofonti) e Bree (Sumayyah Nuriddin-Green/Ilaria Pellicone), andranno in un liceo diverso dal suo dopo l’estate. Al momento però le tre ragazze sono in partenza per un campo estivo di hockey che durerà tre giorni, durante i quali Riley cercerà di farsi accettare da un nuovo gruppo per non correre il rischio di restare da sola in futuro.
Il nuovo gruppo è una squadra di hockey composta da ragazze più grandi che la vedono come una primina un po’ “cringe”, tranne Viv (Lilimar/Sara Vitagliano), la caposquadra, che prende Riley sotto la sua ala. Ma Riley sta provando nuove emozioni e nella sala comandi della sua psiche, finora abitata da Gioia (Amy Poehler/Stella Musy), Rabbia (Lewis Black/Paolo Marchese), Tristezza (Phyllis Smith/Melina Martello), Paura (Tony Hale/Daniele Giuliani) e Disgusto (Liza Lapira/Veronica Puccio), arrivano Noia (Adèle Exarchopoulos/Deva Cassel), Invidia (Ayo Edebiri/Marta Filippi), Imbarazzo (Paul Walter Hauser/Federico Cesari) e soprattutto Ansia (Maya Hawke/Pilar Fogliati), potenza distruttiva che minaccia di sabotare ogni azione messa in piedi dal dream team capitanato dall’esuberante Gioia.
Irrompe quindi la pubertà… nel vero senso del verbo perchè le nuove emozioni irromperanno di mattina presto come per una demolizione parziale o totale di quanto c’era prima e una ricostruzione con nuove regole. Il film quindi si adegua a questo momento e, dopo i primi minuti di normalità… tutte le certezze di Riley vengono rimesse in discussione.
Cosa potra’ mai accadere
Il primo capitolo si concludeva con questa battuta:
“…Riley ha compiuto 12 anni, cosa potrà mai succedere?”
una domanda che sembra essere ironica e che lasciava la quasi certezza che la storia di Riley, al cinema, non sarebbe finita con un solo film. Già su queste pagine, ai tempi, era stata ipotizzata la possibilità di un sequel. Era ed è troppo ghiotta l’opportunità di parlare di pubertà e adolescenza. Perchè se l’infanzia offre notevoli spunti narrativi, sicuramente la pubertà ne offre ancora di più essendo una, se non la principale, età formativa delle persone.
Il sequel arriva nelle sale dopo 9 anni. Tempo dedicato saggiamente dalla produzione per non creare un semplice sequel commerciale ma qualcosa di pensato e ripensato con ponderazione nel tentativo di presentare un lavoro inattaccabile anche dal punto di vista psicologico e sociologico. Un vero studio della persona umana che cresce e che passa dall’infanzia all’adolescenza. Alla regia esordisce Kelsey Mann già sceneggiatore del sottovalutato “Il viaggio di Arlo”. Alla sceneggiatura Meg LeFauvre già sceneggiatrice di “Inside Out” e “Il viaggio di Arlo”. Peter Docter, il regista del primo capitolo è, qui, il produttore.
Il risultato finale è un’ottima sceneggiatura per un film attento a molti dettagli anche se, per questioni narrative, si ritrova a dover fare delle scelte focalizzandosi su alcuni temi e lasciandone, probabilmente ai prossimi capitoli, altri.
Cresce la formula
Riley cresce e cresce anche la formula del film che non si risparmia il mettere in discussione tutti i punti fermi acquisiti nel precedente capitolo e rischia con nuove emozioni. Ansia è sicuramente l’emozione sulla quale ci si focalizza molto di più rispetto al resto dei nuovi arrivati. In modo corretto ed efficace in svariate occasioni ma con il risultato, probabilmente voluto, di essere anche troppo invasiva. Preoccupazione, forse, maggiormente asseribile al mondo degli adulti che si relazionano con gli adolescenti.
Imbarazzo e Noia probabilmente avrebbero meritato molto più spazio mentre l’invidia forse è troppo poco incisiva ma, in realtà è una caratteristica che, probabilmente accrescerà il suo peso.
“Inside Out 2” è un nuovo azzeccato viaggio nelle emozioni. Un film divertente per i più piccoli, adatto agli adolescenti che, con un preciso rispetto del timing, sono i bambini che 9 anni fa han visto il primo capitolo. In questo caso il film accompagna idealmente questa crescita parallela e offre spunti, come sempre in questi casi, per i più grandi, soprattutto quei genitori che appaiono un po’ più distanti dai propri figli.
E’ necessario rimanere fino alla fine dei titoli di coda, le scene post-credit sono due.
Voto: 8