Recensione in anteprima – Venezia ’23 – In concorso Nono lungometraggio per Ryūsuke Hamaguchi, regista giapponese dell’acclamato “Drive my car” in lizza come miglior film e vincitore come miglior film internazionale agli Oscar 2022. Un film che coniuga in maniera eccellente il suono, la musica, i silenzi e l’azione lenta di una località montana. Al cinema con Tucker Film e Teodora Film

La storia

In una località boschiva non lontana da Tokyo, il tuttofare Takumi (Hitoshi Omika) e sua figlia Hana (Ryō Nishikawa), di otto anni, vivono in armonia con la natura e con i pochi abitanti del luogo. Una grande impresa dello spettacolo decide però di aprire un glamping, ovvero un camping con il glamour di un resort, proprio sulla strada che i cervi percorrono per abbeverarsi, minacciando oltretutto la pulizia dell’acqua di sorgente, della quale gli abitanti tutti, umani e animali, fanno un uso vitale. La comunità si preoccupa e domanda spiegazioni, così due impiegati della grande azienda vengono mandati sul posto per chiedere l’aiuto e l’intercessione di Takumi.

“Il male non esiste”, traduzione di “Evil does not exist” è un film che parla di ecologia, di territorio, di natura e di come questa è vitale per la vita sociale e produttiva della piccola cittadina. Un sottile, prezioso e sofisticato connubio tra azione, immagini e colonna sonora.

La musicista Eiko Ishibashi crea un sottofondo musicale che introduce il film con una lunga sequenza che inquadra una parte fondamentale della natura: gli alberi. Il proseguio sonoro si interrompe durante le scene parlate e continua invece quasi da protagonista insieme alla natura e al suo manifestarsi.

Il lento scorrere del tempo

Hamaguchi decide di raccontarci la vicenda di Takumi, della vita della sua cittadina con delle scelte precise di inquadrature e tempistiche. Alcune scene, soprattutto nella prima parte, presentano inquadratura fissa o poco mossa con una lunga sequenza temporale che narra con l’immagine l’azione che Takumi o altri effettuano. Il regista prende tutto il tempo necessario coniugandosi con uno scorrere della vita, in montagna, molto più lenta rispetto al frenetico mondo moderno di città.

Troviamo quindi Takumi che viene per esempio filmato nella lunga azione di spaccare la legna mentre si aggiungono interessanti inquadrature tramite camera car posteriore. Una commistione tra inquadratura fissa e mobile molto particolare che genera interesse nel pubblico e marca le diverse tipologie di animo e di situazioni.

Una situazione che potrebbe annoiare lo spettatore meno avvezzo al respiro di una cinematografia che si prende i suoi tempi e che cerca di narrare non solo con la sceneggiatura. L’atmosfera è tipicamente nella cultura giapponese, la scenografia montana e l’utilizzo di acqua di torrente, alberi, animali che passeggiano liberamente crea quella serenità ed equilibrio che il pubblico non vorrebbe mai turbare.

Equilibri da rispettare

A turbare questo equilibrio però è la modernità, lo sfruttamento della natura per biechi obiettivi remunerativi. Il turismo più inopportuno viene proposto ai cittadini della piccola località che, attraverso una bella scena che vede coinvolti tutti in una riunione, smaschera la totale ignoranza dei rappresentanti dell’impresa.

“…ciò che avviene a monte si ripercuote su ciò che accade a valle, è nostra responsabilità proteggere ciò che abbiamo qui a monte”

Queste le parole del sindaco del paese proprio a rimarcare quanto sia importante mantenere l’equilibrio tra società e natura senza sfruttarlo a fini commerciali.

Nella località montana, persone e animali vivono anch’essi in equilibrio. Hana, seppur piccola riconosce tutti i nomi degli alberi e non ha paura a passare per il bosco da sola ritornando per ritornare a casa. Una natura amica che non fa mai male e un film che lascia un finale aperto a diverse interpretazioni.

Voto: 7,8

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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