Recensione in anteprima – Nei giorni in cui si festeggia il 50esimo anniversario della messa in onda del primo episodio televisivo della serie, Star Trek torna al cinema con il tredicesimo capitolo. Chris Pine, Zachary Quinto, Zoe Saldana, Simon Pegg, Karl Urban riprendono posto sull’Enterprise per fronteggiare Idris Elba. Justin Lin partito con la sfiducia dei più sorprende positivamente. Dal 21 luglio al cinema.
Opportunamente ritornato alla data d’uscita di origine anche in Italia, il terzo capitolo di Star Trek dopo il reboot iniziato nel 2009 con il primo dei film targati JJ Abrams, vede alla regia Justin Lin. Colui che ha firmato ben 4 capitoli della saga di Fast & Furious (il 3,4,5,6).
Regista quindi non nuovo alla serialità cinematografica e al continuare il lavoro di altri registi dei precedenti capitoli. I timori dei fan (io per primo) erano molti per la deriva divertente ma totalmente fracassona e sopra le righe che i film di Lin avevano dimostrato ultimamente.
I dubbi, molti, si fanno certezze solo nei primi minuti del film ma solo per una questione scaramantica. Il film inizia senza titoli di testa, l’ultima volta che questo avvenne (e senza poi averli nemmeno in altro minutaggio) fu per l’infausto “Star Trek Nemesis”. Fortunatamente, dopo aver messo l’animo in pace riguarda ai titoli di testa che non ci saranno, il film prende subito avvio in maniera profonda e dinamica con una buona dose di riprese della nave all’esterno e all’interno molto affascinanti.
E’ la coscienza di James T. Kirk (un buon Chris Pine sempre più a suo agio nei panni del capitano) che si interroga sul suo futuro, sulla sua routine esplorativa e sul significato dell’andare avanti. Son gli stessi dubbi che una serie ultradecennale si trova implicitamente a chiedersi. Kirk ci racconta un breve fantastico viaggio all’interno della quotidianità sull’Enterprise con la sua voce fuori campo e ci si sente a casa: è il benvenuto, è la prima introduzione, ne seguiranno altre, più o meno riuscite che, forse allungano un po’ troppo la prima parte a causa di battute non sempre azzeccate (l’ironia forzata tra i personaggi non è necessaria ogni piè sospinto) e a qualche errore qua e là che sporca il risultato finale (divise che in un paio di occasioni cambiano di modello da scena a scena senza ragionevole motivo).
Raccontare la trama vorrebbe dire lasciarsi andare a involontari spoiler indiretti e, se proprio dobbiamo dirla tutta, la sceneggiatura non è originalissima nel contenuto, abbastanza banale in alcuni passaggi e fortemente semplificata nel suo gergo e nelle soluzioni per problemi all’apparenza insormontabili.
Tre sono i personaggi che si innalzano sopra gli altri: Kirk, Spock e l’aliena Jaylah. Attorno a loro ruota l’intera vicenda lasciando un po’ in disparte personaggi importanti quali McCoy (la spalla comica a tratti esilarante nei suoi siparietti con Spock), Uhura, una Zoe Saldana sempre più bella e preparata a combattere, Scott che dimostra la sua proverbiale bravura nel ridurre i tempi di risoluzione dei problemi tecnici, Krall, il villain cinico come Ru’afo, spietato più di un Borg (che l’equipaggio della serie classica non ha ancora incontrato), infingardo come un romulano.
Idris Elba che da voce al cattivo di turno ricorda, nei primi tratti del film, un incrocio tra Darth Vader e Bane a causa della sua voce profonda e camuffata. Menzione a parte per Pavel Chekov impersonato da Anton Yelchin, per l’ultima volta sul grande schermo e al quale, insieme a Leonard Nimoy, è dedicato il film. Un tuffo al cuore rivedere il talentuoso attore.
In pratica, “Star Trek Beyond” è proprio tutto nel titolo, è infatti “al di là” di Star Trek. Va oltre il mero sviluppo di una vicenda anche a tratti troppo reiterata come ad “allungare il brodo” con scene di azione e improbabilissimi voli acrobatici (se a qualcuno ad un certo punto viene in mente la corsa di Paul Walker sulla fiancata di un pullman vicino al burrone, non preoccupatevi, è tutto normale, ma lì era sì Fast & Furious ma Justin Lin non centra nulla). Si va oltre anche grazie a un approccio molto pop e a tratti punk della colonna sonora, compresa la canzone “Sledgehammer” di Rihanna, una fan sin da bambina di Star Trek. Si tentano strade, si cerca di arrivare, anche con Star Trek (il film), ancora una volta, là dove nessuno è mai giunto prima.
Tutti i personaggi son ben studiati, non hanno tutti lo stesso spessore come detto ma c’è una ricerca e un rispetto per la storia dei 50 anni della saga che viene anche espressa attraverso evidenti citazioni dalle più evidenti (il tributo a Leonard Nimoy è commovente) alla più nascoste perché catturate solo dai fan più attenti.
Justin Lin se la cava molto bene con la macchina da presa, da il meglio di sè, manco a dirlo, con le riprese di scene d’azione aggiungendo un tocco di “gravità alla Nolan” con la quale si diverte (e diverte lo spettatore) moltissimo in una delle scene meglio riuscite. Mano ferma e grande dinamicità negli scontri, con, forse, un montaggio troppo da videoclip e troppo spezzettato.
C’è molto sentimento in “Star Trek Beyond” ma si annacqua con il passare del tempo ed evapora nella seconda parte, ricca di azione e forse anche troppo veloce e ridondante. Il film infatti sembra essere troppo lungo, almeno una ventina di minuti potevano essere tagliati mentre il 3D non aggiunge granché. Effetti speciali, come sempre al top, ma questa non è una novità.
Sofia Boutella sorprende per fascino ed eleganza con un personaggio che tutti auspicano diventi un membro fisso del cast e dell’equipaggio dell’Enterprise. Personaggio che, a detta di Simon Pegg, uno degli sceneggiatori, prende spunto dalla Katniss di Jennifer Lawrence
A 50 anni dal suo primo viaggio sul piccolo schermo, la nave spaziale più famosa al mondo, probabilmente dopo il Millennium Falcon, solca ancora i cieli profondi della nostra galassia. E’ in gran forma il franchise di Star Trek e questo film lo dimostra pur non essendo un capolavoro e pur avendo diversi difetti.
Voto: 7,3