Recensione in anteprima – Il regista James Wan e Aquaman stesso, Jason Momoa, ritornano – insieme a Patrick Wilson, Amber Heard, Yahya Abdul-Mateen II e Nicole Kidman – nel sequel del film DC di maggiore successo di tutti i tempi: Aquaman e il Regno Perduto. Dal 20 dicembre al cinema.

La storia, io ti vedo

Non riuscendo a sconfiggere Aquaman (Jason Momoa) la prima volta, Black Manta (Yahya Abdul-Mateen II), ancora spinto dal bisogno di vendicare la morte di suo padre, non si fermerà davanti a nulla pur di annientare Aquaman una volta per tutte. Questa volta Black Manta, in possesso del potere del mitico Tridente Nero, che scatena una forza antica e malevola, è più temibile che mai. Per sconfiggerlo Aquaman si rivolgerà al fratello imprigionato Orm (Patrick Wilson), l’ex re di Atlantide, per forgiare un’improbabile alleanza. Insieme dovranno mettere da parte le loro divergenze per proteggere il loro regno e salvare la famiglia di Aquaman, e il mondo intero, da una distruzione irreversibile.

Questo capitolo risulta la naturale prosecuzione del primo film che ha riscosso un buon successo di pubblico e critica ma, purtroppo, nella poca fortuna che contraddistingue l’universo DC, arriva in un periodo di totale disaffezione del pubblico per le vicende legate ai supereroi.

La trama di “Aquaman e il regno perduto” torna ad essere semplice con plurime citazioni anche, e soprattutto, di altre realtà cinematografiche esterne all’universo DC. Ed ecco che, appunto, il villain re Nereus (Dolph Lundgren) assomiglia molto, per la modalità in cui si impadronisce degli “ospiti” a quel Sauron. Non c’è un in questo caso ma il tridente nero.

Una questione di famiglia

“Aquaman e il regno perduto” è, sin da subito, una questione di famiglia. Sin dalle prime scene gli spettatori vedono Arthur/Aquaman alle prese con il suo bambino ed è lui stesso che, con voce fuoricampo riassume la situazione e i suoi compiti di padre. Ma famiglia vuol dire anche legami spezzati e da rinsaldare, in qualche modo.

Buona parte del film si concentra sul rapporto tra Arthur e il fratello Orm Marius, quell’Ocean Master rinchiuso in galera e che adesso torna utile per lottare contro il re del regno perduto. L’unione dei due genera forza ma ricrea anche un minimo di complicità e serenità tra i due. Una serenità molto sottile e labile e l’assortimento dei due caratteri unita a una discreta sceneggiatura fa funzionare il duo abbastanza bene sia nelle parti serie e drammatiche sia nelle parti più leggere e divertenti.

L’ulteriore questione di famiglia riguarda il padre e la madre di Arthur, qui relegati un po’ sullo sfondo e, soprattutto, la moglie Mera (Amber Heard). Si tratta di un personaggio che viene messo in secondo piano per le note vicende giudiziarie che hanno coinvolto l’attrice per gran parte del tempo delle riprese. E, ovviamente, un modo per non prendere nemmeno posizione in merito. Cosa che, a un film, in questo caso, non è chiesta.

Costruire ponti (e citazioni)

“Un re costruisce ponti”

E’ quanto dice Arthur a Orm in diverse occasioni e non si riferisce soltanto a un ponte concreto ma a una metafora con la quale esplicita il suo  pensiero riguardo al mondo terrestre e al mondo subacqueo.

La volontà di Aquaman ha poi soluzione nel finale che, sebbene auspicabile e con un messaggio tutt’altro che banale, appare però una soluzione molto didascalica, al limite della retorica e, soprattutto, pregno di una certa velocità non usuale per questo genere di film.

“Aquaman e il regno perduto” non costruisce solo ponti e relazioni ma cita abilmente altri film. Il rapporto tra Arthur e Orm è esattamente il rapporto fisico, mentale e di astuzia che abbiamo già visto tra Thor e Loki. E’ simile a tal punto che Arthur nomina esplicitamente Loki per riferirsi al fratello.

“Skull Island”,  “Viaggio nell’isola misteriosa”, “King Kong” fanno capolino in una scena della parte centrale del film, ma detto sinceramente, non se ne capisce il motivo. Oltre al fatto che il film ha molte parti nelle zone terrestri e si dimentica spesso del mondo sottomarino.

Questo secondo capitolo (e probabilmente ultimo) di Aquaman è godibile ma poco attraente e non è solo questione di “fuori tempo massimo” riguardo ai supereroi al cinema. Un film sufficiente e che intrattiene con un bel messaggio ma niente più.

Voto: 6,1

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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