Recensione in anteprima – Venezia 79 – In concorso – Il film d’apertura della 79esima edizione della Mostra Internazionale del cinema di Venezia porta la firma dell’apprezzato regista e sceneggiatore Noah Baumbach. Dal romanzo di DeLillo prende forma un film diviso in tre grossi capitoli. Un’ottima sceneggiatura e un ottimo cast per questa partenza di Venezia79. Al cinema dal 25 novembre e in streaming Netflix dal 30 dicembre.

La storia

A Blacksmith, piccolo centro nel Midwest, scorre imperturbabile la vita quotidiana della famiglia Gladney: Jack (Adam Driver), Babette (Greta Gerwig) e i loro quattro figli, nati da matrimoni precedenti. Una routine scandita da sedute televisive, confronti padre-figlio, discorsi ragionati o irragionevoli su questa o quell’altra notizia, tirate su questo o quell’altro prodotto e visite rituali al supermercato, dove tutti si abbandonano al consumo frenetico di oggetti, messaggi, rumore. Un rumore di fondo che ossessiona Jack, professore al College on the Hill, dove ha fondato un dipartimento di studi hitleriani.

Da qualche tempo l’uomo vive in una sorda e costante paura della morte. Un enorme nube chimica, causata dal deragliamento di un treno, materializza improvvisamente la sua angoscia, minacciando direttamente l’esistenza dei Gladney.

Forte di un romanzo di successo alle spalle e di una sceneggiatura a firma Noah Baumbach, il film si avvale anche di una regia (dello stesso Baumbach) attenta a diversi dettagli sia temporali, sia sociali e di interazione tra individui con emozioni forti.

Dopo “Storia di un matrimonio”del 2019 il regista e sceneggiatore newyorkese torna al Lido con una storia che vive di atmosfere di commedia ma che innesta una visione drammatica della vita, della morte e della paura in generale sia essa scaturente dall’interno oppure dall’esterno.

L’evento tossico aereo

L’incipit del film è costituito da una carrellata degli incidenti tra auto inscenati nel cinema. Una lezione negli anni 80 su come gli effetti speciali abbiano permesso queste scene, e, soprattutto sull’attrazione che la gente ha per i disastri, gli scontri, i drammi.

E il disastro nel film arriva. Arriva dall’esterno come una nube tossica che farà evacuare e preoccupare molte famiglie, anche quelle che sono “gestite” da un padre famiglia come Jack, che, inizialmente sottovaluta il problema. Jack infatti ha questo atteggiamento in tutto, fa finta di sottovalutare un problema al fine di tutelarsi, proteggersi da una catastrofe che, probabilmente non riuscirebbe ad affrontare. Lui esperto di dinamiche delle masse che vengono inebetite da un dittatore (Hitler) creando drammi storici conosce cosa c’è in ballo e ne ha paura.

Adam Driver è realmente il mattatore dell’intero film supportato, come detto, da una sceneggiatura perfetta o quasi, con ritmi ben congegnati, con scene molto ben organizzate e con una teatralità affascinante. Anche il cast che comprende Greta Gerwig, Don Cheadle e una sempre più promettente Raffey Cassidy

Creature fragili

“Siamo creature fragili circondati da fatti ostili”

Serpeggia un certo pessimismo in tutto il film. La paura della morte di Jack e di Babette porteranno i due a fare scelte rischiose, difensive, offensive e in un repertorio di crisi esistenziale e di coppia che si specchia anche nella loro particolare famiglia.

La fragilità dell’essere umano di fronte alle avversità della vita è palese. Nei particolari annunci al supermercato, nei discorsi tra insegnanti, nei battibecchi tra i figli la voglia di sopravvivere viene minata da quella incredibile attrazione per il disastro e il suo svolgimento.

“White noise” diventa quindi fantascienza a tratti, ironia sociale per certi versi, nostalgia di una vita più semplice evocando quegli anni 80 che, forse, mancano troppo. Persino citati con la classica fuga dell’auto che, in retromarcia, colpisce i bidoni piazzati sul viale. Un classico.

Il film funziona molto bene per i primi due capitoli, il terzo lascia un po’ interdetti perchè il cambio totale di registro è spiazzante. La discontinuità di questa ultima parte abbassa molto i toni e il giudizio finale. Non si tratta infatti di un film capolavoro e, probabilmente è sotto gli standard elevatissimi a cui il regista ci ha abituato.

Voto: 7,3

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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