Recensione – Presentato al 74° Festival di Cannes, Drive My Car è il film giapponese che ha riscosso grande successo di critica e pubblico nel 2021, giungendo nella cinquina dei candidati al premio Oscar per il miglior film straniero da principale accreditato per la vittoria finale.

Comunicazione

Yusuke Kafuku (Hidetoshi Nishijima) è un importante e noto attore e registra teatrale, la moglie Oto (Reika Kirishima) è anch’essa una drammaturga e la presentazione della loro vita coniugale ci viene data dalle scene iniziali del film, sensuali e sessuali, amplessi durante i quali Oto racconta al marito le proprie storie, lasciando intuire come la comunicazione – in tutte le sue forme – sia il tema centrale di Drive My Car.

Yusuke deve affrontare il dolore del tradimento della moglie (scoperto per essere tornato improvvisamente a casa dopo l’annullamento di un volo aereo) e della successiva morte di lei, dovuta ad un’emorragia cerebrale. Il dolore di Yusuke per quello che vediamo rappresentato su schermo si unisce a quello che non vediamo ma percepiamo, celato dietro lo sguardo fisso dell’artista. Il protagonista ferito conosce l’identità dell’uomo con il quale la moglie lo aveva tradito, Kōji Takatsuki (Masaki Okada), un attore che lavorava ad un’opera scritta da Oto, ma interiorizza quella consapevolezza insieme al dolore, e non esterna emozioni.

Dopo questa prima parte introduttiva di ben 40 minuti, appaiono su schermo i titoli di testa, passano a livello narrativo due anni e ritroviamo Yusuke diretto a Hiroshima. Qui, infatti, gli è stato proposto di dirigere la messa in scena della famosa opera teatrale drammatica di Čechov, Zio Vanja. Questo lavoro darà la possibilità al protagonista di compiere un viaggio di accettazione di sé e dei propri errori.

Racconto dei racconti

Compagna fondamentale di questo viaggio sarà Misaki Watari (Tôko Miura), l’autista assegnatagli dalla produzione artistica, a causa della regola per cui gli artisti non possono guidare autonomamente. Yusuke sarà quindi costretto a concedere a Misaki di guidare la sua Saab 900 Turbo rossa a cui tiene enormemente. Non solo Misaki dimostrerà di essere una guidatrice esperta e affidabile, ma diventerà motivo di incontro e di discussione per Yusuke.

Drive My Car è un racconto di racconti. Lo è perché durante le 3 ore di durata ci vengono narrate molteplici storie, spesso confondendosi tra loro, così come i personaggi. Ciascuna storia e ciascun personaggio sembrano carichi di emozioni e significati nascosti, non dichiarati. Eppure, ciò che si narra e si dice è moltissimo: il film è molto teatrale e per lo più composto da dialoghi, nonostante non manchino molte scene visivamente memorabili.

La moltitudine di racconti arriva allo spettatore attraverso una diversificazione di mezzi d’espressione: giapponese, coreano, indonesiano, tedesco, cinese, inglese, linguaggio dei segni e ancora si sottolinea come ciascuno sguardo, movimento di personaggi in scena e di macchina sia sempre intento alla comunicazione di un messaggio.

Questo è un racconto dei racconti perché l’arte del raccontare fluisce attraverso questo cinema senza freni, senza una forma definita, per colpire lo spettatore da più fronti, senza lasciare il tempo di adattarsi ad una forma narrativa.

Dolore, rimpianto e superamento

Come già detto, il tema principe dell’opera è la comunicazione. Essa è bisogno di coloro i quali hanno qualcosa da dire. Yusuke ha qualcosa da dire a sé stesso, per superare il dolore, per perdonarsi, per andare avanti. La comunicazione come atto di accettazione di sé, di liberazione dal dolore, è un concetto forse lontano dal mondo occidentale, più legato alla tradizione orientale.

L’uomo che soffre è un uomo debole, egli non deve dare segni di sconfitta o ripensamenti, non deve avere né dubbi né timori. Questa concezione antica dell’animo umano viene spazzata via dal film di Ryūsuke Hamaguchi.

Tratto dal racconto omonimo di Haruki Murakami contenuto nel volume Uomini senza donne, Drive My Car riesce a rendere a pieno la penna del famoso scrittore nipponico, in particolar modo la malinconia del vivere una vita che è per sua stessa natura sofferenza, affidando la possibilità di salvezza alla lotta personale che ciascun individuo ingaggia con il proprio io. La scrittura, il dialogo, la rappresentazione del dolore sono la chiave per la vittoria, rappresentata non dalla rassegnazione bensì dall’accettazione di sé, della propria natura imperfetta e del continuo confronto che deve esserci tra la persona e l’ambiente che la circonda.

Road to the Oscars 2022

Drive My Car ha ottenuto la candidatura a diverse categorie per i prossimi premi Oscar: miglior film, miglior regista, miglior sceneggiatura non originale e miglior film internazionale. Dopo aver conquistato il Golden Globe per il miglior film straniero sembra essere il favorito anche per l’Oscar in tale categoria, con buona pace dell’Italia e di Paolo Sorrentino.

I riconoscimenti a quest’opera serviranno a darle ulteriore slancio a livello mondiale, premiando ancora una volta il cinema orientale, mettendo questa volta in luce una narrativa che Murakami ha reso globale in letteratura, premiando l’operazione coraggiosa ma precisa del suo sceneggiatore e regista Ryūsuke Hamaguchi.

Voto: 7

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