Recensione – il secondo film dei fratelli D’Innocenzo è immerso nelle difficoltà di chi vive nel limbo sociale che divide i poveri dalla piccola borghesia, ed è una favola nera. Favolacce è disponibile on demand (Sky Primafila Premiere, Timvision, Chili, Google Play, Infinity, CG Digital e Rakuten Tv) dall’ 11 maggio a causa del lockdown dovuto al COVID-19.

Il racconto di un uomo annoiato dalla vita

La vicenda narrata da una voce fuori campo (Max Tortora) in poco più di 90 minuti prende interamente corpo in un quartiere imprecisato di Roma sud, una sorta di comune, dentro la quale sopravvivono diversi nuclei familiari. Bruno Placido (Elio Germano) è il padre di Dennis (Tommaso Di Cola) e Alessia (Giulietta Rebeggiani), e insieme alla moglie cerca di affrontare la vita che gli si para davanti, in un continuo sforzo di resistenza.

I figli presentano degli ottimi voti ma è chiaro fin da subito che le dinamiche familiari squilibrate sono la ghigliottina della felicità dei piccoli. Tra gli altri personaggi chiave ci sono Viola (Giulia Melillo) e Geremia (Justin Korovkin) i quali vivono rispettivamente la difficoltà di comprensione scolastica e l’esclusione sociale dovuta al retrogrado padre Amelio (Gabriel Montesi). Collaterali a queste due generazioni di sofferenti troviamo Vilma (Ileana D’Ambra) e il fidanzato, necessari a completare quel puzzle generazionale che si cortocircuita, cancellando la speranza e il finale felice delle favole.

Un diario in penna verde

Il pretesto del narratore è quello del ritrovamento di un vecchio diario di una bambina – che noi ben presto capiremo essere Alessia – scritto in penna verde. Come la più classica delle Madeleine esso risveglia curiosità in un uomo che si definisce annoiato dalla vita e che decide dunque di tramandare la storia verde (speranza) a noi spettatori, magari aggiungendo qualche parte conclusiva alle pagine rimaste bianche.

“Quanto segue è ispirato ad una storia vera. La storia vera è ispirata a una storia falsa. La storia falsa non è molto ispirata.”

Le favole non si scrivono in verde, non c’è nulla di spensierato come il racconto di una favola in questa opprimente condanna dei gemelli romani. I personaggi sono il dipinto di una realtà disincantata dove non è possibile crescere in modo sano. I comportamenti di chiunque sono tossici, frutto dell’ambiente circostante che altro non è che la realizzazione dei comportamenti della comunità.

I personaggi vengono seguiti dalla telecamera senza sosta, i primissimi piani vincono su qualsiasi prospettiva visiva, che quando presente realizza una scenografia ben strutturata che accoglie tutti gli elementi di quella realtà sporca che racconta. I volti indagati raccontano sguardi vuoti di ragazzini che non trovano esempi da seguire, costretti a dare fiducia a qualsiasi insegnamento che appaia loro come prospettiva di crescita.

La fragilità degli adulti sottintende la loro passata infanzia traumatica, che ha prodotto in loro comportamenti aggressivi e sconvenienti atti a costruire un muro intorno alle proprie fragilità così da non essere scoperti. Oggi quei muri che sono stati costretti ad alzare ricadono sui figli, incapaci di sopravvivere alle macerie.

 

Cinema popolare europeo

Favolacce è tornato dalla Berlinale 2020 con l’Orso d’argento per la miglior sceneggiatura, mica porca roba. Ma cosa vuol dire? Vuol dire che il film racconta dei personaggi reali, che esistono e non solo a roma sud. Il cinema dei fratelli D’Innocenzo si carica sulle spalle una fetta di storia di cinema popolare anche solo dopo due opere, che ne hanno caratterizzato la voce. Uno stile chiaro -già riscontrabile nell’ottimo esordio La terra dell’abbastanza, 2018-  che non cerca inutili giochi stilistici, ma che interpreta il cinema nella sua accezione più antica: un linguaggio popolare, un’idea di cinema che in europa ha sempre avuto linfa e che finalmente ottiene riconoscimento anche nel paese in cui nacque.

L’opera non è esente da difetti: a volte durante la visione viene spontaneo chiedersi quale sia il fine del racconto e si rischia di perdere interesse nello stesso a causa della frammentazione delle scene. Nel finale il cerchio in qualche modo si chiude, e premia lo spettatore con una consistente dose di disillusione. Un problema che la versione disponibile negli store digitali ha avuto è legato al reparto audio: alcune scene pare abbiano l’audio del dialogo equalizzato male, il che costringe il pubblico a tendere le orecchie per decifrarne le parole.

Nell’era in cui viviamo la digitalizzazione permette di ricevere sui propri schermi tutti i prodotti audiovisivi concepibili, Favolacce ha saltato l’uscita in sala per cause di forza maggiore, ma è reperibile facilmente a pochi euro. Supportare questo genere di produzioni dovrebbe essere l’obiettivo di tutti gli amanti del cinema; inoltre guadagnerete la possibilità di realizzare un vero cineforum nel salotto di casa, potendo discutere con i vostri familiari e amici di cinema, e di vita.

Voto: 7.5

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