Recensione –  Il grande Gatsby è il titolo del celebre romanzo di Francis Scott Fitzgerald, pubblicato nel 1925 e considerato tra i più importanti del 1900. Essendo un caposaldo della narrativa ha creato attorno a sé un forte dibattito e negli anni successivi in molti hanno provato ad omaggiarlo. L’ultima versione cinematografica del romanzo è l’omonimo film del 2013 con la regia di Baz Luhrmann.

Nel mondo del cinema troviamo il primo adattamento già l’anno seguente all’uscita del libro, nel 1926, si tratta di un film muto non accolto positivamente dallo scrittore e sua moglie.

La seconda trasposizione risale al 1949, meno nota della terza del 1974 diretta da Jack Clayton ed impreziosita da attori d’eccezione come Robert Redford, ma non accolta positivamente dalla critica.

Nella recensione parleremo dell’ultima versione cinematografica del romanzo, la più recente, l’omonimo film del 2013 con la regia di Baz Luhrmann.

Chi è il Grande Gatsby

Il protagonista è Gatsby (Leonardo di Caprio), un gentleman d’altri tempi che consacra la sua vita all’arricchimento personale per conquistare la donna con cui ha avuto una relazione 5 anni prima e di cui è ancora (purtroppo per lui), perdutamente innamorato: Daisy (Carey Mulligan).

Per arricchirsi e coronare il suo sogno è disposto a tutto ed entrerà addirittura in affari con un gangster. Una volta arricchitosi, Gatsby non manca di ostentarlo alle feste che organizza ogni weekend nel suo palazzo ed a cui tutta la New York che conta partecipa, seppur lui non si riveli mai a nessuno, alimentando i miti attorno alla sua figura.

A Gatsby interessa solo Daisy, è lei l’ospite sempre attesa che però non si presenta mai. Tutto questo è stato fatto per lei, per attirare la sua attenzione e coronare finalmente il suo sogno d’amore, offrendole tutto ciò che cerca da un compagno: ricchezza, sicurezza economica ed una posizione sociale.

Il tempo della storia è negli anni ’20, ci troviamo a New York prima della grande crisi del ’29 e quindi nel pieno nel lusso e sfarzo della microsocietà che viene mostrata.

La vicenda cambia i suoi risvolti quando Gatsby conosce Nick Carraway (Tobey Maguire) che scopre essere cugino di Daisy, è infatti grazie a lui che potrà finalmente rivederla e ricominciare una relazione con lei seppur ora sia sposata con l’infedele milionario Tom Buchanan (Joel Edgerton), con cui ha una figlia.


Una festa esagerata

Durante la visione di questo film c’è chi vorrebbe catapultarsi alle feste di Gatsby ed essere proiettato nello sfavillante mondo anni ’20 rivisitato da Baz Luhrmann e chi se ne sta seduto in un angolo aspettando tutta questa farsa finisca al più presto.

Non soffermandosi ai paragoni con le altre pellicole, è inevitabile creare almeno un parallelismo con il romanzo di cui questo film ne è il figlio (illegittimo). A chi non ha letto il romanzo questo film sembrerà un prodotto di allegro intrattenimento, un po’ stucchevole e kitsch, ma servito con delle musiche ritmate e moderne, nel complesso piacevole e con un messaggio che dona quello a cui tutti piace assistere: un finale di speranza.

Tenendo invece a mente il romanzo di Fitzgerald è chiaro che molte cose in questa pellicola siano trasbordate ed escano oltre che dalla visione di Fitzgerald anche da quella degli anni ’20 che si sono voluti rappresentare. Se ci fate caso nella pellicola non sono presenti molte piume, accessorio invece caratteristico degli anni ’20, ma nonostante ciò il film di Baz Luhrmann si pavoneggia troppo.

Il regista ha voluto dare una sua visione della società di allora in chiave moderna, avvicinandola il più possibile alla nostra, come è chiaro già solo ascoltando le musiche che di puro jazz hanno gran poco. Seppur con il nobile intento di regalarci qualcosa di visionario, ci troviamo invece davanti ad un carnevale caleidoscopico che crea molta confusione e disorienta lo spettatore.


Lo stile post moderno di Baz Luhrmann

Baz Luhrmann è un regista australiano che nasce con il teatro. Le sue messe in scena sono sontuose e ricche di particolari, ha inoltre un debole per i musical, nei suoi film infatti è data molta importanza alle musiche ed anche il movimento della macchina da presa presenta determinati stacchi che ci fanno sembrare trovarci all’interno di una coreografia.

La fotografia è colorata e sfavillante ed evidenzia la sua mise en scène. Il suo stile abbraccia la corrente post moderna, un cinema caratterizzato da assenza di regole narrative ed in cui il sistema destrutturato altera la nostra percettività, i pensieri prendono spesso il sopravvento portando alla perdita del centro della questione.

Troviamo un esempio di cosa si intende per post moderno nel suo film d’esordio Ballroom – gara di ballo per poi arrivare al più noto Romeo + Giulietta di William Shakespeare , pellicola preziosa in quanto rientra tra i chiari esempi di questo stile. La storia d’amore ambientata alla fine del sedicesimo secolo è decontestualizzata e portata addirittura in Città del Messico alla fine degli anni ’90.

Nella vicenda del Grande Gatsby purtroppo questa decontesualizzazione non c’è, seppur sia la storia più antica (e moderna) del mondo.

Una ragazza si innamora di un uomo ed è ricambiata, ma questo non è una persona abbiente o facoltosa e quindi, oppressa dalla società e dalla facciata che richiede, ripiega su qualcun altro con cui costruisce una (finta) famiglia piena di scheletri nell’armadio soltanto per garantirsi una posizione sociale, sicurezza economica ed un futuro “tranquillo”, seppur tutt’altro che felice.

Questo è il tema più attuale del mondo e purtroppo capita ancor oggi sia dal punto di vista femminile che maschile. Fitzgerald nel suo romanzo vuole rappresentare il marciume di una società che fa delle apparenze uno stile di vita ed è disposta a tutto per mantenere intatto il suo sogno di fama e ricchezza. 

Baz Luhrmann invece, per mantenere i punti che la corrente post moderna impone, avrebbe potuto rappresentare la società materialista e corrotta nella nostra epoca e nei luoghi dove troviamo oggi i nuovi ricchi, rappresentandoli prima della crisi che stiamo vivendo ora e che colpì anche gli anni ’20.

Il regista quindi si rifà alle caratteristiche del post moderno non trattandosi di fatto di un film interamente tale. Questo film ha voluto essere visionario, ma purtroppo la genialità è distante da questo film tanto quanto la luce verde dal pontile di casa di Gatsby. 

Parole che invadono lo schermo

All’inizio della pellicola conosciamo il narratore: Nick Carraway. Il ragazzo si trova in cura da uno psichiatria per combattere la sua dipendenza da alcol, il dottore gli consiglia a scopo terapeutico di tenere un diario vista la sua passione per la scrittura e difficoltà ad esprimersi; dal 1929 veniamo quindi catapultati nel 1922 dove iniziano i ricordi di Nick verso Gatsby.

Per tutto il resto del film ci dimenticheremo sia Nick a scrivere la vicenda tanto saremo invasi dalle immagini sfavillanti ed anche il medico curante non apparirà più se non in una rapida immagine. Di tanto in tanto le parole scritte irromperanno sullo schermo in maniera invadente fino ad arrivare al finale in cui affianco al nome “Gatsby” si formerà la scritta “Grande”, come a conferire un tono di eroicità al personaggio, elemento che non era certo nelle intenzioni di Fitzgerald ( che lo ritrae come una figura misteriosa), ma che il regista ha inserito in quanto ha cambiato l’intenzione del finale.

Il finale eroico di Baz Luhrmann

Nel cinema post moderno ci troviamo di fronte all’assenza di regole narrative, ma è troppo comodo servirsi della narrativa di Fitzgerald, citando esattamente le parole del romanzo come battute (che salvano e riempiono di gran lunga le scene), per poi dare un finale completamente diverso e ribaltando quindi il messaggio del celebre scrittore. 

In più nel cinema post moderno solitamente il finale resta sospeso, non è autorisolutivo e soprattutto non apporta ad una morale, cosa che invece Luhrmann conferendo a Gatsby un tono eroico fa. Lo spettatore si sentirà invaso da una “speranza” quando nel messaggio reale non era affatto così, in quanto Gatsby trova sollievo solo nel passato.

“Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato.”

I Costumi e le scenografie da Oscar

Ciò che colpisce ed incanta, oltre al merito del regista di dirigere un film in 3d, sono sicuramente i reparti di costume e scenografia gestiti da Catherine Martin che infatti si meritò due Oscar.

La scenografia è oberata di particolari, ricrea il mondo ideale e finto che Gatsby voleva attorno a sé.

“Tutto questo è solo frutto della tua immaginazione? No, tu eri sempre presente, in ogni idea, in ogni decisione e se qualcosa non è di tuo gusto io la cambierò.”

La scenografia è protagonista e sfondo ai costumi altrettanto in primo piano, questi due reparti rubano la scena al resto del film, eccezione fatta per alcune battute citate a pari dal romanzo che quando vengono pronunciate sono talmente perfette che potremmo trovarci anche in una stanza spoglia e semplicemente ascoltarle.

I costumi, riferendosi agli anni ’20, non sono precisamente accurati, ma restano indimenticabili e donano il senso di sfarzo ed esagerazione. La costumista ha voluto esprimere i sentimenti dei personaggi tramite gli abiti, non la completa attualità.

Ad esempio, come rilasciato da Catherine Martin, il primo abito di Daisy è arioso, sembra avere attaccate delle piccole piume che donano un senso di leggerezza alla sua figura. La prima descrizione di Daisy nel libro parlava infatti di come lei si trovasse in questa stanza molto ventilata e come sembrava fluttuasse nell’aria.

Tutto il personaggio di Daisy ruota attorno ad un’immagine vittoriana e d’alta borghesia a ricordare la sua scelta e superficialità e quindi questo aspetto della sua vita è visibile in tutto il film attraverso i suoi look.

Il suo carattere ha poca abilità di pensare per se stesso, lei ricerca un uomo che sia potente ed allo stesso tempo dandy, con un senso di perfezione , è per questo che Gatsby appare così ai suoi occhi ed a noi tramite i suoi vestiti, tra questi l’indimenticabile completo rosa di Gatsby con cui si ripresenta a lei per la prima volta.

Una curiosità: nelle scene delle feste troviamo 40 modelli della collezione Prada ispirati agli anni ’20 impreziositi poi di gioielli, e accessoriati per sembrare più verosimili all’epoca. I costumi maschili sono invece stati realizzati collaborando con il marchio Brooks Brothers, gli abiti appaiono più fedeli all’epoca di quelli femminili, ma mantengono comunque uno stile esuberante ed eccentrico. I gioielli furono invece prodotti da Tiffany, che creò addirittura un’esposizione nelle sue vetrine della boutique di 5th avenue.

Il grande Gatsby e lo star system

E’ Leonardo di Caprio a dare il volto a Gatsby e la sua è una splendida interpretazione, in questo film appare nella sua piena forma fisica ed è completamente a suo agio negli abiti cuciti attorno alla sua figura da dandy.

L’unico elemento in cui l’interpretazione di Leonardo di Caprio è differente dal romanzo è che nel film lo scorgiamo a tratti ingenuo quando invece nella realtà del romanzo la sua figura è pervasa da un lato misterIoso che qui rimane celato.

Baz Luhrmann gioca molto con lo star system, per quanto Leonardo di Caprio sia adatto per il ruolo e lo meritasse sicuramente, la sua figura è servita per l’invadente campagna di marketing che ha accompagnato i mesi precedenti all’uscita del film, innalzando le aspettative, ma portando anche agli elevati incassi stimati a circa 351 milioni di dollari contro ai 105 di budget per le riprese.

Assente dalle sale cinematografiche da quel 2013, speriamo di ritrovare presto Buz Luhrmann con una pellicola che ci stupirà nuovamente come era riuscito in Ballroom e Romeo + Giulietta di William Shakespeare.

Voto 6,5

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *