Amarcord, giovedì 10 settembre 2015, Iris, 21.15. – L’ennesimo capolavoro di Federico Fellini: da scoprire per chi non l’avesse mai visto e da rivedere per ogni appassionato.
AMARCORD
(1973, ITA)
Commedia
Regia di Federico Fellini
Con: Pupella Maggio, Armando Brancia, Magali Noël, Ciccio Ingrassia, Nando Orfei, Alvaro Vitali
Durata: 127 minuti
Trama:
A Borgo, nei primi anni ’30, l’adolescente Titta cresce subendo condizionamenti dentro e fuori l’ambito domestico. Suo padre Aurelio è un piccolo imprenditore edile, perennemente in discordia con la moglie Miranda. Zio Pataca vegeta alle spalle dei parenti; zio Teo è ricoverato in manicomio. Nella provinciale cittadina vivono anche Gradisca, una procace parrucchiera e Volpina, una ragazza un po’ scema e priva di freni inibitori.
Curiosità:
Quarto premio Oscar come film straniero nella carriera di Fellini, dopo “La strada” (1953), “Le notti di Cabiria” (1957), “8 e ½” (1963). Ne vincerà un altro nel ’93 alla carriera. Per Amarcord ottenne la candidatura anche per la miglior regia e per la miglior sceneggiatura originale (scritta con Tonino Guerra). Condivise inoltre il David di Donatello come miglior film insieme a “Pane e Cioccolata”.
Fellini ha sempre negato che il film sia autobiografico, ma ammise che contiene molti elementi della propria infanzia.
“A’ ma’rcord” in dialetto romagnolo significa “io mi ricordo”. Dopo il film è entrato nell’uso corrente della lingua italiana.
Amarcord è il primo film mai realizzato in home video nel formato”letterbox” (gennaio 1984), anticipando Manhattan di Woody Allen che uscì otto mesi dopo.
Il film, che uscì nelle sale italiane il 13 dicembre 1973, fu poi presentato fuori concorso al Festival di Cannes del 1974. Il film, la cui locandina e i titoli di testa sono opera del grafico statunitense John Alcorn, è stato selezionato tra i “100 film italiani da salvare”.
Le musiche del film sono di Nino Rota.
Il ruolo della “Gradisca” era stato inizialmente affidato a Edwige Fenech, ma poco prima di firmare il contratto Fellini cambiò idea, perché secondo lui Edwige, nonostante la ben nota procacità, era “troppo magra”. L’attrice non riusciva a prendere chili, e quindi Fellini scelse Magali Noel, che aveva una fisicità più prorompente, ed era di 16 anni più grande.
Nel film si vedono due locandine di film con Gary Cooper, finte: La valle dell’amore e Il sole del deserto.
RECENSIONE
Un anno di vita nella Rimini del fascismo anni ’30, da una primavera all’altra, sotto gli occhi adolescenziali di Titta (B. Zanin), che diventa grande in quegli anni: la scuola con i suoi professori-macchiette, i turbamenti sessuali per la bella Gradisca (M. Noël), i fascisti con l’olio di ricino e le loro festività, uno zio matto (C. Ingrassia) che sale su un albero urlando “Voglio una donna!”, il passaggio del Rex (il celebre transatlantico, ricostruito dallo scenografo Danilo Donati), la corsa Millemiglia, fino alla morte della madre (P. Maggio) che segna l’inizio dell’età adulta. Strepitoso film-memoria, ricostruzione finta e verissima dell’adolescenza di Fellini ma soprattutto degli umori, dei sapori e degli odori dell’Italia fascista, compiuti con lo sguardo dolcemente nostalgico di chi contempla un’epoca perduta. Non vi è però alcun rimpianto, anzi in certi punti lo sguardo si fa anche critico senza però perdere mai la propria dolcezza: ne esce il ritratto di un paese adolescenziale, popolato di gente che sogna in piccolo e non riuscirà mai a liberarsi della propria piccolezza. Il realismo felliniano qui tocca uno dei suoi vertici, riuscendo a fare immagine e cinema la memoria di un uomo, la realtà modificata dalla propria immaginazione e quindi reinventata e fornita di un nuovo significato, abbandonando sia il semidocumentarismo dei Clown e Roma sia le strutture tradizionali di racconto. Meritatissimo Oscar (il quarto per Federico) a miglior film straniero. (recensione di Francesco Dall’Olio alias Francis Delane)