Recensione – Al quarto film da regista e sceneggiatore Haggis cerca (invano) di immergerci nei suoi pensieri da scrittore. Le tre storie del film si annunciano, corrono, sbandano e alla fine deragliano più o meno fragorosamente. Con la timida volontà di relazionarsi ai personaggi in cerca d’autore di pirandelliana memoria si finisce per essere fuorviati da un malriuscito “Essere Paul Haggis”.
Michael è un premio Pulitzer, alle prese con un nuovo libro che non trova la strada. Da tempo non è più lo scrittore duro, vero e folgorante dell’esordio. C’è stato un grande dolore nella sua vita, che sta provando a superare lasciandosi sedurre da Anna, scrittrice a sua volta, ambiziosa e tormentata. Mentre i due bisticciano in un grande hotel di Parigi, a Roma, l’americano Scott perde la testa per una ragazza Rom, Monika, ed è disposto a darle tutti i soldi che possiede per toglierla dai guai. New York, infine, è il teatro della fatica di Julia, ex attrice di soap, per riprendersi la custodia del figlio, dopo un oscuro incidente domestico.
Ci ha messo quasi due anni questo film a giungere nelle sale italiane, e, forse, i dubbi dei distributori non erano mal riposti. Non ritengo che il film sia un pessimo film ma certamente non è un film che verrà ricordato. Dopo “Crash”, vincitore del premio Oscar come miglior film e miglior sceneggiatura nel 2006, Paul Haggis sembra aver perso il tocco, qualcuno direbbe la fortuna, del film che ha anche sorpreso nella notte degli Oscar 2006.
Haggis oltre che regista, per questo film è anche sceneggiatore e produttore, io lo vedo anche come protagonista. Infatti Michael, interpretato da un sufficiente Liam Neeson, sembra portare nel film quelle che sono le perplessità, le paure e le difficoltà scrittorie dell’Haggis sceneggiatore. Una sorta di caratterizzazione autobiografica, probabilmente involontaria ma singolare. Ammiccando un po’ i “6 personaggi in cerca d’autore” di Pirandelliana memoria, il film presenta le tre storie di coppie in tre diversi punti del globo terrestre, il difetto sta nel legarle, forzatamente, facendole implodere senza quella acutezza che fu la fortuna di “Magnolia”.
Tre storie diverse, tre storie con un unico tema: l’amore, che nasce, vive o sopravvive per una terza persona, sia essa appena conosciuta, conosciuta da tempo o semplice memoria. Se le due storie a Parigi e New York sembrano reggere l’urto di una narrazione molte volte latente in battute ma piena di schizofrenia, la storia che sta in piedi con tutte le stampelle possibili è quella ambientata a Roma. Semplicemente irritante il modo in cui Haggis dipinge l’Italia, Roma e i romani in particolare. Sempre ripresa come un posto sporco, decadente, vecchio, abbandonato, fatiscente, con italiani menefreghisti, corrotti, mafiosi, razzisti, egoisti, ignoranti. La rappresentazione va oltre lo stereotipo e lambisce i contorni dell’offesa se non fosse per una sorta di soluzione finale.
L’intreccio della storia di coppia e d’amore di Michael è fin troppo contorto e non si risolve, anzi si dissolve pian pian ma soprattutto in un finale che scioglie velocemente quel sottile filo che si era creato lasciando allo spettatore una sensazione di vacuità. Unica nota positiva, la bellezza folgorante di Olivia Wilde. In generale l’interpretazione degli attori è buona soprattutto Wilde e Kunis ma i personaggi di tutti non hanno grande spessore, non convincono nella loro costante incostanza, se mi permettete il gioco di parole.
Peccato, il film aveva tutte le carte, e forse troppe, in regola per essere scritto e diretto in modo meno confusionario e impalpabile. Un Haggis che forse avrà bisogno di concentrarsi solo su un aspetto del film per ritornare a scrivere storie, quantomeno interessanti.
Voto: 5,4