Recensione – A sette anni dal mezzo passo falso di Downsizing, Alexander Payne ritorna con una commedia divertente, delicata e toccante, con uno straordinario Paul Giamatti. Il film è candidato a 5 premi Oscar.  Al cinema dal 18 gennaio.

La trama

The Holdovers – Lezioni di vita, film diretto da Alexander Payne, racconta la storia di un insegnante rigido e pomposo, Paul Hunham (Paul Giamatti). È il Natale del 1970 e Paul, senza una famiglia e un luogo dove trascorre le festività, decide di restare a scuola dorante le vacanze come supervisore degli studenti che ancora non hanno potuto fare ritorno nelle loro case.

Dopo qualche giorno, soltanto uno studente rimane nell’istituto: si tratta di Angus Tully (Dominic Sessa), giovane problematico e vitale. Oltre a Paul e al giovane, è rimasta nella scuola anche la capocuoca Mary (Da’Vine Joy Randolph), che si occupa dei figli dei privilegiati nella scuola e che di recente ha perso suo figlio nella guerra in Vietnam. I tre si ritroveranno a formare un’improbabile famiglia sotto le festività natalizie, condividendo diverse disavventure nelle nevose due settimane che trascorreranno insieme in New England.

Una commedia agrodolce 

Con la sua precedente fatica, Downsizing – Vivere alla grande, Alexander Payne aveva tentato la strada della distopia, con esiti non esaltanti. A distanza di sette anni da quel mezzo passo falso, ritorna alla regia con un’opera più vicina al tono dei suoi lavori migliori, una commedia agrodolce che mette al centro i suoi due protagonisti e il loro incontro-scontro. Si tratta, insomma, di un ritorno a dinamiche familiari al regista di Omaha, che è ormai uno specialista nella narrazione di questo tipo di storie.

Pur giocando sul sicuro, Payne riesce comunque a sorprendere per la delicatezza del suo sguardo, per l’affetto con cui racconta i suoi personaggi, per la straordinaria direzione degli attori (il veterano Paul Giamatti e l’esordiente Dominic Sessa). Come da tradizione, il presupposto su cui si fonda la vicenda è la forzata convivenza di due persone che non potrebbero essere più diverse: da un lato il professor Hunham, un insegnante colto, rigido, scorbutico, considerato insopportabile sia dagli studenti che dai colleghi; dall’altro il giovane Angus, un ragazzo inquieto e tormentato, ma dalla vitalità prorompente. L’andamento della storia non è certo imprevedibile: i due protagonisti all’inizio si detestano, ma il tempo trascorso insieme li spinge gradualmente ad aprirsi l’uno all’altro, a stabilire una connessione emotiva, a realizzare che, a dispetto delle apparenze, non sono poi così diversi.

Entrambi usciranno arricchiti e maturati dall’esperienza vissuta assieme. Il film non deraglia mai da questo binario, neppure quando sembra che lo stia facendo: gli incontri che i due protagonisti fanno nel corso delle loro disavventure potrebbero aprire nuove piste narrative (si pensi al personaggio di Elise, la ragazza di cui sembra che Angus s’invaghisca), e invece alla fine si ritorna sempre a loro, a Hunham e Angus; due figure apparentemente stereotipiche (il professore severo e il giovane ribelle), su cui Payne lavora in profondità, portandone a galla i demoni del passato e facendone così due figure pienamente tridimensionali.

Perfettamente riuscita è anche l’ambientazione anni ’70, non solo dal punto di vista scenografico: per far entrare lo spettatore nella giusta atmosfera, infatti, il film è confezionato – per la grana dell’immagine e l’impostazione dei titoli – come se fosse una pellicola di quegli anni.

Un grande cast

Se i due protagonisti sono così riusciti, il merito è anche e soprattutto dei due interpreti: Paul Giamatti è ormai una garanzia, uno dei caratteristi più talentuosi del cinema contemporaneo, ma nel ruolo di Paul Hunham supera sé stesso, offrendo quella che è probabilmente la migliore interpretazione della sua carriera e che lo lancia a principale competitor per la notte degli Oscar (se la giocherà con Cillian Murphy); Dominic Sessa è invece una vera rivelazione: col suo corpo allampanato, l’andatura dinoccolata, il viso spigoloso, è perfetto nel trasmettere l’insofferenza, l’inquietudine ma anche l’incredibile energia vitale – tipicamente adolescenziale – del suo Angus.

Merita una menzione anche Da’Vine Joy Randolph, che, nel ruolo della cuoca Mary, è al centro di alcune delle scene più toccanti del film.

Alla fine si può dire che The Holdovers – Lezioni di vita non racconta nulla di particolarmente nuovo; eppure, pur nel suo andamento lineare e prevedibile, regala un trio di personaggi memorabile, cui è impossibile non affezionarsi; tre anime sole, lasciate indietro dalla vita, che insieme trovano la forza di guardare avanti. E’ l’ennesima conferma, insomma, che non conta tanto ciò che si racconta, quanto come lo si fa; e Payne lo sa fare senz’altro molto bene.

Voto: 7,5

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