Recensione – Con questo suo terzo film, Donato Carrisi ci porta nuovamente a sondare, attraverso il genere thriller, le profondità dell’animo umano. Basato sull’omonimo romanzo del 2020, scritto dallo stesso Carrisi, è ora disponibile su Netflix, Sky e NOW. Seppur gran parte del cast sia rimasto volutamente celato dall’autore, ed è dunque preferibile svelarlo con lui nei titoli di coda, meritevole di citazione è Michela Cescon, già interprete di “La ragazza nella nebbia”.

Accenni di trama

Interamente ambientato sul Lago di Como, ha come protagonista un serial killer atipico, netturbino di professione, che proprio attraverso i rifiuti va a scovare le sue vittime. Come solitamente fanno gli investigatori, egli seziona accuratamente la spazzatura, la cataloga e la scompone, ricercando al suo interno la verità nascosta delle persone. Come infatti più volte ricorre nella storia, alle radici di tale pratica risiede la convinzione che la gente mente, e lo fa quotidianamente.

Nella vita di tutti i giorni, ci si cela dietro maschere di apparenza, nelle nostre esistente in gran parte composte da social network e pagine web, dietro cui spesso non è dato sapere chi davvero si nasconda. Gli smartphone, per molti vera e propria appendice, permettono di collegarci col mondo, ma spesso sono anche un’arma di controllo e persino di ricatto. Sotto questa accezione specifica verranno impiegati anche nella storia di Carrisi. La verità sta dunque, secondo l’autore, solamente negli scarti, nei rimasugli essenziali della nostra esistenza, dove altrimenti mentire è consuetudine.

Profilo del killer

L’assassino, chiamato semplicemente “l’uomo che pulisce”, è l’unico paradossalmente a mostrarsi fin dall’inizio come ciò che realmente è. Da subito ne vediamo il volto, e lo seguiamo all’opera, all’inseguimento delle vittime. Come lui, anche gli altri protagonisti della vicenda non hanno nome, identificati solamente attraverso alcuni aspetti a loro peculiari. In questo modo il messaggio alla base ritorna: neppure nell’identità propria dell’individuo si può risalire alla sua verità.

Caratterizzato da movimenti e gesti cadenzati, precisi e quasi militareschi, il killer nell’aspetto ricorda un po’ Jeffrey Dahmer. Ma, a differenza di questo famoso precursore, reso famoso dalla recente miniserie Netflix prodotta da Ryan Murphy, egli compie all’inizio del film un gesto inaspettato: salva una ragazza dall’annegamento, rivelandosi così ancora più imprevedibile. Con l’andamento della vicenda questa azione legherà i due in modo radicale e inconsueto, e si mostrerà essere collante col passato dell’assassino, facendo luce sulla sua infanzia.

Scandaglio dell’animo umano

La storia divergerà dunque molto dalla classica indagine, dal momento che si dovrà investigare non su un crimine, ma sul gesto benevolo compiuto verso la ragazza. Sarà questa azione improvvisa, divergente dalla sua normale tabella di marcia, e segno di umanità celata, infatti, a sviare il killer dal suo percorso metodico, e a tradirlo. In primo piano nell’indagine non sarà poi la polizia, ma una detective anch’essa atipica, detta la “cacciatrice di mosche”.

Icona della madre affettiva, la sua esistenza ruota attorno alla volontà di fare chiarezza sull’omicidio della figlia, scomparsa anni prima senza lasciare traccia, risucchiata dalle acque del Lago, e il suo scopo nella vita è quello di aiutare le donne che subiscono violenza. Ritenuta da tutti pazza, sarà la dimostrazione che la verità può essere trovata solamente perseguendo gli affetti sinceri e le emozioni autentiche, al di là di ogni forma e maschera precostituita.

Riflessioni finali

Nonostante il film prosegua un po’ a rilento, e i tempi di attesa siano prolungati, indizio della fonte letteraria alle radici della storia, sono molti i colpi di scena, specialmente nel finale, di certo in gran parte inatteso. Molti sono i punti di riflessione che la storia porta a galla, dalla violenza sulle donne, come già osservato, a quella sui minori. Si parla di adozione, potere eccessivo della tecnologia, capace di condurre anche ai gesti più estremi e radicali, ed abbandono.

La violenza resta fuori campo, il male vero è nascosto nell’ombra, e si viaggia nel profondo dell’animo umano. Come nei racconti precedenti di Carrisi, il paesaggio è una nota dominante, e il luogo stesso condiziona l’andamento della trama. Il Lago risucchia, la natura e la bellezza possono ingannare. Solamente tuffandoci nell’abisso possiamo affrontare davvero la nostra autentica essenza, e far riaffiorare la realtà sommersa della nostra identità.

Voto: 7

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