Recensione in anteprima – Terzo lungometraggio per Alessio Cremonini a 5 anni di distanza dal successo di critica di “Sulla mia pelle”, film sul caso Cucchi. In questo nuovo film il regista focalizza l’attenzione sulle condizioni della donna nel mondo islamico con un confronto duro tra donne agli antipodi senza mai apparentemente schierarsi. Al cinema dal 26 gennaio.

La storia

Sara Canova (Jasmine Trinca) è una giornalista italiana che vive da un anno in Egitto e sta facendo un servizio in Siria sulle donne che lottano contro l’Isis in quanto “regime di oppressione femminile”, quando viene catturata dai fondamentalisti islamici e fatta prigioniera. La sua detenzione sarà destinata a durare molti mesi, passando dalla prima linea del combattimento ad un campo di addestramento nel Califfato in cui dividerà l’alloggio con Nur (Isabella Nefar), una giovane donna nata in Siria ma cresciuta a Londra, e andata in sposa (volontariamente) a un muhajid, ovvero un miliziano della jihad.

Se da un lato Sara è atea e senza marito o figli, dall’altro Nur è devota al coniuge con cui sogna di creare una famiglia e ad Allah, senza se e senza ma. Al dubbio occidentale si contrappone dunque la certezza mediorientale, incomprensibile per Sara dato che i suoi occhi nell’Islam “le donne non contano niente”.

Il film inizia con Sara seduta in bagno con sguardo preoccupato, perso ma anche profondo verso la telecamera. Parte poi un flashback di diversi mesi prima e sarà solo verso metà film che verremo riportati in quel bagno, in quella situazione.

Backstage e foto di scena durante le riprese del film Profeti di Alessio Cremonini con Jasmine Trinca. Prodotto da Cinema Undici e Luck Red. Foto di Kash Gabriele Torsello

Donne agli antipodi

Una prima parte ha come protagonista predominante Sara. Lo spettatore fa conoscenza della giornalista quasi come se fosse un documentario dove vengono “intervistate” delle donne del posto, dalla combattente alla donna anziana che ricorda come son morti i suoi figli.

Uno sguardo forse solo in superficie su un mondo estremamente complesso e, per certi versi, lontano dalla visione occidentale della società. Il califfato islamico cerca di imporsi e dettare legge, tramite la religione e la guerriglia, sulla popolazione che, spesso segue con convinzione.

Dopo il rapimento e le violenze psicologiche e fisiche alle quali Sara assiste, c’è l’incontro con Nur. Due donne agli antipodi in quasi tutto quello che fanno, credono, sono. Sara tende ad affermare, sotto varie forme, l’indipendenza della donna come persona che non ha nulla da invidiare all’uomo. Una donna atea, senza figli, che, agli occhi di Nur fa un lavoro da uomo e, per questo, vista come una spia.

Nur invece è l’estremismo islamico fatto di sottomissione al califfato e all’uomo, di silenzio, preghiera, con una sorprendente ma solida pacatezza. Il conflitto tra le due non è mai armato e fisico, è soprattutto fatto di parole, discussione, botta e risposte, in una partita a scacchi molto tattica, strategica in cui nessuna delle due ha la minima speranza di poter convincere l’altra.

Uno sguardo (non) giudicante

Alessio Cremonini utilizza una regia che cerca sempre di avere una giusta distanza nel corso delle diverse scene. E’ una regia distante nella prima parte più documentaristica, si fa addosso a Sara durante la prima prigionia e cerca un punto equidistante nella battaglia di culture e pensieri tra Sara e Nur.

Questa scelta, soprattutto nell’ultima parte del film, ha il pregio di non giudicare ma è anche il suo difetto. Le violenze fisiche, l’estremismo, la prigionia di Sara e dei membri del suo team sono descritte con inequivocabile durezza, realtà, schiettezza e per la crudeltà messa in atto. Tutti elementi che indirizzano lo spettatore ma la sceneggiatura, con la parte di confronto e scontro verbale tra Nur e Sara, valorizza un film che non è importante per accendere un dialogo, un riflettore verso una cultura così radicata (e spesso purtroppo radicale) che ha bisogno di essere conosciuta di più per non scivolare in pregiudizi.

Voto: 6,5

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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