Recensione in anteprima – Roma 17 (2022) – Grand Public Al termine della Festa del cinema di Roma 2022 arriva il film statunitense Amsterdam, uno dei film più attesi dell’anno dati i nomi e il budget che lo contraddistinguono. Intrecci misteriosi a sfondo storico e dai risvolti comici impreziositi da un cast All-Star. Ma vale la pena andarlo a vedere in sala a partire dal 27 ottobre?
Intrigo Internazionale
Ci troviamo a New York nel 1933. Burt Berendsen (Christian Bale) e Harold Woodman (John David Washington) sono rispettivamente un dottore e un avvocato che, da quando si sono cosciuti sul fronte durante la Prima Guerra Mondiale, sono legati da un’amicizia profonda, fraterna. I due vengono contattati da Liz Meekins (Taylor Swift), la figlia del Generale sotto la cui guida i due uomini si sono conosciuti. La ragazza chiede aiuto ai due perché sospetta che la morte del padre non sia così naturale come le è stato invece comunicato.
Con l’aiuto del medico Irma St. Clair (Zoe Saldana) i due scoprono presto che il loro vecchio comandante è stato effettivamente avvelenato, ritrovandosi così coinvolti in un intreccio complottista contorto e strettamente legato agli eventi storici degli anni che hanno preceduto la Seconda Guerra Mondiale. A completare il tridente di protagonisti troviamo Valerie (Margot Robbie), l’infermiera che durante gli anni della guerra si prese cura dei due uomini, pericolosamente feriti.
Zuppa di Star
Oltre ai membri del cast già citati, sono presenti nel film anche: Chris Rock, Anya Taylor-Joy, Mike Myers, Michael Shannon, Rami Malek e Robert De Niro (e ne tralasciamo qualcuno per non ridurre la recensione ad un elenco di nomi). Ci si rende subito conto di come Amsterdam sia l’All-Star Game di David O. Russel.
Amsterdam è la conferma che gli ingredienti giusti non sono sufficienti. Perché il risultato sia soddisfacente è necessario riuscire a combinare gli ingredienti nel modo coretto, con lucidità e visione complessiva. Questo purtroppo non accade in quest’opera. Nonostante alcune scelte giustificabili e delle sequenze notevoli, l’atmosfera di cui si circonda la narrazione non conquista l’immaginario dello spettatore, non lo coinvolge a pieno e delude quindi le aspettative.
I membri del cast sono a fuoco e tutti singolarmente si adoperano egregiamente per caratterizzare il proprio personaggio e renderlo memorabile, ma manca la chimica tra di loro. Il trio Bale – Robbie – Washington non conquista il cuore dello spettatore nonostante l’ottimo lavoro di Bale e Robbie (Washington più asciutto – qualcuno gli ha detto che non sta più recitando in Tenet?). L’eccezione a questa critica è la coppia Rami Malek – Anya Taylor-Joy, assonanza di cui avevamo bisogno: entrambi riescono a risultare credibili singolarmente ma è quando sono assieme che ci si accorge di come le loro espressività combacino perfettamente; gli sguardi fissi ad occhi spalancati di loro due sono quello che più rimane dopo la visione.
Accozzaglia di tematiche
Troppi ingredienti come dicevamo per Amsterdam, anche dal punto di vista delle tematiche trattate. Infatti, nella pozione troviamo la satira politica, il tema del razzismo, del sessismo, la guerra e i reduci, la medicina, tutto orchestrato variando registro, in un parkour tra commedia, grottesco, thriller e giallo. Come spesso succede in questi casi, nulla convince se non a tratti.
Oltre alla vastità di personaggi e tematiche, Amsterdam decide di essere anche un film ultra-citazionista: da Jules e Jim a Chinatown il regista decide di citare cinema americano ed europeo alla ricerca, si presume, di ricreare quell’atmosfera di scontro culturale che i protagonisti hanno vissuto spostandosi tra i due continenti a causa della guerra, legati al francese ma innamorati della libertà che solo la città di Amsterdam ha saputo regalare loro.
Il messaggio del film non è chiaro oppure lo è troppo. La voce narrante di Bale spesso rimarca dei concetti banali e risulta quasi sempre superflua e fuori fuoco, donando alle scene di riassunto ed epilogo una rara inutilità.
Un film in conclusione deludente a causa delle aspettative che si possono giustamente avere, la cui visione al cinema può essere giustificata solo dalla maestria dei reparti tecnici (nel 2022 serve ancora dire che il tre volte vincitore dell’Oscar Emmanuel Lubezki è un ottimo direttore della fotografia?).
Voto: 5.8