Recensione in anteprima – Venezia 79 – In concorso – Dopo Hammamet, Gianni Amelio torna sul grande schermo con una storia che, inizialmente doveva essere un documentario, ma che lui stesso ha proposto fosse un film fiction. La storia di Aldo Braibanti viene delineata concentrandosi sul famoso “caso Braibanti” di fine anni ’60. Caso che ci offre uno spaccato della società omofoba di quel tempo, che, per certi versi c’è ancor oggi. Dall’8 settembre al cinema.

La storia

Provincia di Piacenza, anni Sessanta. Aldo Braibanti (Luigi Lo Cascio) è un intellettuale con un gran seguito tra i giovani, che frequentano la sua “factory” dove si recita, si creano installazioni artistiche, si scrivono poesie. Fra i suoi adepti c’è Riccardo (Davide Vecchi), che sogna di essere apprezzato dal suo maestro ma che da lui riceve solo critiche. Un giorno Riccardo porta con sé il fratello Ettore (Leonardo Maltese), che ha scovato una di quelle formiche che Braibanti, anche mirmecologo, colleziona in una teca.

E l’intellettuale dimostra subito gratitudine e stima verso quel ragazzo intelligente e gentile. Ma anche un’attrazione, presto reciprocata dal ragazzo, che gli costerà la libertà e la carriera: perché Braibanti è anche un omosessuale dichiarato.

Ed è tutta qui la prima parte del film, quella che vede Gianni Amelio descrivere il personaggio di Aldo Braibanti svariando tra gli anni 50 e gli anni 60 coinvolgendo il pubblico nelle attività culturali dell’intellettuale. Nel frattempo si riesce anche a far la conoscenza di Ettore e Riccardo, i due fratelli che, nella realtà dei fatti corrispondono a Giovanni Sanfratello (Ettore) e alla famiglia Sanfratello di opinioni diametralmente opposto riguardo all’omosessualità.

L’accusa di plagio

Attraverso una seconda parte con molte scene in un’aula di tribunale, Amelio riesce a ricostruire quella vicenda che fece clamore e scalpore perchè fu la prima e unica accusa di plagio prevista dall’art. 603 del codice di procedura penale. Si tratta, in questo caso di plagio della persona, articolo poi dichiarato incostituzionale, ma che manifesta, negli obiettivi del processo, l’intenzione di colpire la manifesta omosessualità di Braibanti.

L’Italia di quegli anni ’60 ha si dei moti di rivendica dei diritti umani ma è ancora tristemente (e a tratti farsescamente) legata a concezioni di famiglia e relazioni amorose esclusivamente eterosessuali. Non c’è una vera e propria legge contro l’omosessualità perchè se ci fosse, si ammetterebbe che l’omosessualità esiste, cosa che, per buona parte della società dell’epoca era considerata una malattia da curare con elettroshock.

Il processo è ben organizzato e le interpretazioni del cast coinvolto sono positive se guardiamo Luigi Lo Cascio ma di dubbia qualità riguardo alla prova di Leonardo Maltese (che comunque come esordio è sufficiente) e, soprattutto, riguardo agli attori di contorno.

Dal passato al presente

Nel film vengono inseriti due personaggi che, verosimilmente potrebbero essere anche esistiti in quegli anni. Si tratta di Marcello (Elio Germano), un corrispondente dell’Unità, e di sua cugina Graziella (Sara Serraiocco) attivista in difesa dei diritti umani e che prenderà a cuore la difesa nelle piazze di Braibanti.

Il personaggio di Marcello risulta sicuramente molto interessante perchè sembra essere la voce critica del regista, del pubblico, di chi non si abbandona e non si fa vincere da quella che, purtroppo, è l’omofobia latente (o dichiarata come nel film) anche ai giorni nostri. Una critica persino a giornali di partito come l’Unità, più concentrati a scrivere per ottenere voti rispetto a scrivere articoli in difesa delle persone. Persino la parola “omosessuale” era bandita dal giornale.

La prova di Elio Germano e di Sara Serraiocco portano qualità al film stesso nonostante “Il signore delle formiche” risulti un film necessario ma molto asciutto. Un buon prodotto sicuramente utile e da vedere.

Voto: 6,3

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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