Recensione in anteprima – Leonardo Pieraccioni torna in sala con una nuova commedia da lui scritta (a quattro mani), diretta e interpretata. Con la partecipazione della spalla Marcello Fonte, attore pluripremiato per la sua bellissima interpretazione in Dogman e una Sabrina Ferilli in grande spolvero. Il film purtroppo delude molte attese anche se rimane un leggero passo avanti rispetto al recente passato. Al cinema dal 21 aprile.

La semplice trama

Don Simone è il parroco della Chiesa degli Angeli a Firenze, popolata quasi solo da donne anziane che recitano il rosario in automatico. È già stato ammonito due volte dalla Curia romana per i suoi metodi poco ortodossi che puntano ad avvicinare la Chiesa ai giovani, ma l’unico ragazzo che ha vicino è Finizio che, insieme al sagrestano Giacinto (Marcello Fonte), gli dà una mano mentre la chiesa cade a pezzi. La fortuna però sembra venire in soccorso a Don Simone: un notaio lo informa di aver ricevuto in eredità da uno zio un immobile di lusso a Lugano e un’attività avviata e redditizia. L’ultima volontà di zio Waldemaro (Massimo Ceccherini) però è che entro sette giorni Simone accetti l’eredità: ma solo dopo essersi recato in Svizzera a fare un sopralluogo.

Leonardo Pieraccioni si cala nei panni del prete Simone che, una volta arrivato a Lugano, scoprirà che l’immobile lasciato dallo zio è in realtà una casa di appuntamenti, e la lucrosa attività che ospita è la prostituzione di un gruppo di bellissime squillo d’alto bordo, capitanate da una tenutaria di nome Lena  che ha le gradevoli fattezze di Sabrina Ferilli. Il dilemma è dunque quello fra accettare l’eredità e fare fronte ai problemi economici della Chiesa degli angeli, o rifiutare in nome dell’etica personale e religiosa.

Scivoloni e ingenuità

La quindicesima sceneggiatura scritta da Leonardo Pieraccioni (in coppia, nuovamente dopo “Se son rose…” con Fabrizio Bologna regista di “Cosa fai a capodanno?”) risulta un patchwork di situazioni già viste che si rifanno alla commedia italiana di diversi decenni. “Il sesso degli angeli” è infatti una commedia a tutti gli effetti, un po’ amara come nelle caratteristiche di Pieraccioni ma che, purtroppo sfocia in una involontaria voglia di comicità che si realizza solo vagamente.

L’equivoco di fondo, che da il via al tutto, è tipicamente anni ’80 (già “Vieni avanti cretino” riprendeva uno sketch del decennio precedente sullo “scambio di case”). L’utilizzo di parole con il doppio significato piegato alla trama è un gioco che riesce solo a metà perchè buona parte delle frasi risultano forzature e scivoloni telefonati e scontati:

“…pensavo si mangiasse pasta alla puttanesca”

probabilmente, anzi sicuramente, il punto più basso della sceneggiatura e del film. Battuta che arriva con un quarto d’ora di anticipo.

“Il sesso degli angeli” si muove un po’ a scatti, con una leggerezza che si trasforma in superficialità quasi sempre. Con lo scopo di non essere pesante Pieraccioni, attore, si sforza di essere parte del film, ma non gli riesce come ai tempi de “Il ciclone” o “Paradiso all’improvviso” per citare due dei più riusciti. Sabrina Ferilli illumina la scena con la sua recitazione genuina e luminosa, forse poco per accompagnare Marcello Fonte che è il vero faro di questa commedia che cerca di salvare il salvabile.

Tentativo scollegato (qualcosa non torna)

Il film da spesso l’impressione di volersi collegare all’attualità, all’epoca in cui stiamo vivendo sdoganando argomenti ormai alla portata di tutti tramite internet ma è un tentativo spesso vano tanto che il film sembra scollegato con la realtà dei fatti, della vita vissuta. A tratti si sfocia nella fiaba, nella favola educativa che vuol insegnare qualcosa. Ma per diversi tratti ci si scontra con l’ingenuità degli anni 90.

Purtroppo, nel frattempo siamo stati invasi da una connessione costante alla rete, ai social e da entrambe le parti sarebbero bastati 30 secondi per googlare uno (don Simone) la casa che ha ricevuto in eredità e l’altra, Lena, il nome del nuovo boss. Che tra l’altro aveva già fatto notizia per le sue tesi di coinvolgimento in parrocchia. Evitando tutti i fraintendimenti del caso.

Un’altra realtà fotografata con sufficienza e con legami ormai vecchi è proprio quella della parrocchia, ferma alla visione di “Don Camillo”, segnale, purtroppo, che, forse quella realtà non la si conosce direttamente. Le parrocchie, che sicuramente hanno problemi di fedeli e dove l’età media dei frequentanti è alta, non sono prive di giovani, ragazzi e bambini soprattutto se quel don Simone si propone con idee schiette e innovative.

Ennesimo tema che “non torna” riguarda l’eredità e l’improbabile figura del notaio che notaio non sembrerebbe affatto visti i risvolti poco chiari della vicenda. Le volontà “condizionali” fanno molto atteccagarbugli di manzoniana memoria. Un bel gioco, tenuto in piedi dall’immancabile presenza di Massimo Ceccherini (zio Waldemaro), fantasma di quel genuino (e ora cresciuto) Libero Quarini de “Il Ciclone”.

Un piccolo spiraglio

“Il sesso degli angeli” è però, un film a tratti godibile, scontato sì ma con un’illuminazione nel primo finale (purtroppo ne ha diversi) che avrebbe meritato molto più spazio e approfondimento. Si tratta di un tema che coinvolge i 50enni quasi alla soglia dei 60 come lo stesso Pieraccioni è.

Anche per chi fa un “lavoro” per il bene degli altri arriva il momento di domandarsi se lo si è fatto veramente bene, se lo si è fatto a sufficienza o se lo si poteva fare meglio. E, soprattutto, si è assaliti dalla voglia di capire se lo si sta facendo per gli altri, per sé stessi nella speranza di cercare quel qualcosa ancora da donare e donarsi.

E’ uno spiraglio sotteso che salva qualcosa di questo film e che potrebbe aprire nuovi orizzonti al Pieraccioni autore che, probabilmente, sotto certi aspetti ha già detto tutto nei suoi oltre 20 anni di carriera. Nuove strade, con il coraggio, in futuro, di affidare ad altri la parte del protagonista.

“…perdonami Dio, perdonaci tutti”

Voto: 5,3

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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