Recensione in anteprima – Al suo terzo lungometraggio, il regista Ciro De Caro torna ai temi per lui sensibili, quali la crisi individuale e una possibile ripartenza sociale e umana, inquadrando stavolta il tutto nell’ottica del COVID19. Il film uscirà nelle sale italiane il 17 febbraio.
Chi è Giulia?
Il film si apre con una ragazza in procinto di sostenere un colloquio di lavoro, dove da subito la trattano con leggerezza e noncuranza. Interpretata da Rosa Palasciano, è in crisi economica a causa della pandemia. Da impiegata in un negozio d’intimo, si è ritrovata, infatti, di colpo disoccupata. Allo scadere del contratto, aveva ricevuto la promessa di una nuova assunzione, ma a causa del Coronavirus il negozio dovette chiudere.
La situazione sentimentale non è migliore. Si trova momentaneamente ancora ospite a casa del suo ex ragazzo, lì rimasta per il periodo di quarantena. Dopo che egli torna a casa dalla sorella, non sapendo dove andare, e immersa in uno scenario esistenziale incerto, Giulia inizia a prestare volontariato in un centro sociale per anziani, nuova occupazione passeggera. Il suo unico guadagno è rappresentato dalle mance, che riceve in cambio di aiuto e compagnia.
Raccontare il presente
Intorno a Giulia si muovono figure ugualmente dal contorno non chiaro, a partire da Sergio (Valerio Di Benedetto, già protagonista di Spaghetti Story), anche lui volontario al centro anziani, e presso il quale troverà poi ospitalità. Interessante risulta il gruppo di critici e scenografi, vicini di Sergio, in cui si può osservare uno spaccato sociale d’intellettuali, che tuttavia non riescono ad arrivare alla reale profondità della vita.
I loro discorsi restano, infatti, in superficie, e i membri del gruppo rimangono semplici macchiette. I personaggi vagano insieme in una Roma in cui domina l’incomunicabilità, e in cui s’osservano gli effetti della pandemia. Essa viene affrontata dalla maggior parte della gente con estrema incoscienza, spesso nemmeno indossando la mascherina come protezione. La città è specchio del malessere individuale, e una via d’uscita per una possibile ripartenza resta un sogno misterioso, metafora ricorrente nel film.
Simboli e immagini di precarietà
Il regista affronta molti temi, a partire appunto dal sogno. Al colloquio iniziale viene subito chiesto a Giulia cosa sogna, e lei risponde il mare. Mare che resta sullo sfondo dell’intero film, citato solamente o meta di passeggiate sul litorale, in fuga dall’esistenza senza colore della precarietà.
Lì Giulia trova e raccoglie, come anche a volte fa in città, giocattoli e piccoli oggetti, come a ricercare un’infanzia perduta o una possibilità di rinascita, attraverso una nuova gioia fanciullesca di vivere. Il sogno resta anche simbolo del teatro, nelle letture improvvisate al centro anziani.
Lì viene messo in scena Shakespeare, incarnazione poetica dei tumulti del cuore. Nelle sue passeggiate, Giulia porta poi sempre con sé bottigliette d’acqua, già consumate e spesso vuote. Tale è la sua presente esistenza, da riempire con il flusso del mare, dove forse si può trovare nuova linfa per un futuro migliore e finalmente libero.
Flussi e riflussi di libertà
Nella filmografia del regista, il mare e l’acqua sono sempre in primo piano. Spaghetti Story si conclude, infatti, con una barca che s’allontana sotto il sole verso un nuovo orizzonte, mentre in Acqua di marzo, l’acqua del titolo si concretizza in una pioggia primaverile. Simbolo della natura che rinasce e della rottura al contempo delle acque amniotiche, l’acqua porta dunque con sé la vita e il futuro. Per poterlo raggiungere occorre rischiare, forse anche cadere, per poi rialzarsi.
Nella fuga sulla spiaggia di Giulia, si materializzano quindi tutte le aspettative e le speranze dei protagonisti delle storie di Ciro De Caro. Seppure nel finale non si trovi una reale risposta per affrontare la crisi, sull’orizzonte si prospetta una nuova speranza, lasciata aperta a interpretazioni.
Non completamente spiegata, la rinascita è comunque possibile, e occorre coltivare l’audacia e tuffarsi nel rischio, per poter sopravvivere.
Voto: 6.7