Recensione in anteprima – TFF 38 – In concorso – Film d’apertura del Torino Film Festival, si tratta dell’opera prima della regista messicana Fernanda Valadez: un esordio duro e intenso, sulla violenza al confine tra Messico e Stati Uniti. Già vincitore al Sundance Film Festival come Miglior Film Straniero Premiato dal Pubblico e Miglior sceneggiatura di un Film Straniero. 

La storia

Magdalena (Mercedes Hernàndez) non ha più notizie del figlio da quando, mesi prima, ha lasciato il Messico per andare negli Stati Uniti. Le autorità spingono perché Magdalena firmi un certificato di morte, ma l’incontro con un genitore in lutto spinge la donna a intraprendere un lungo viaggio per capire quale sia stato il destino del figlio. Magdalena incontrerà Miguel (David Illescas), un ragazzo costretto a rimpatriare dagli Stati Uniti, e con lui affronta la violenza e la desolazione di un paese profondamente cambiato. Un esordio secco, capace di raccontare attraverso una storia privata il dramma condiviso da un intero paese.

Un mondo senza speranza 

Non è una visione facile, quella del film di Fernanda Valadez, che a partire dalla vicenda di una madre alla disperata ricerca del figlio, di cui non ha notizie da mesi, traccia uno spaccato raggelante della vita nella frontiera tra Messico e Stati Uniti. Una terra desolata e selvaggia, dominata dalla corruzione e dalla violenza più brutale: non c’è spazio per la pietà, la natura è una spettatrice meravigliosa e indifferente, e il diavolo imperversa.

L’odissea personale di Magdalena ci porta infatti tra centri di riconoscimento dei cadaveri – tra i quali i più difficili da identificare sono, come indica il titolo, quelli che non hanno segni particolari – e alloggi per poveri, tra posti di blocco illegali e fattorie abbandonate dove gli animali sono lasciati a marcire. E’ insomma un mondo senza speranza, nel quale i giovani che partono alla ricerca di un futuro migliore finiscono per scomparire o essere rispediti indietro.

Eppure, in questo scenario desolante, Magdalena non demorde: sa che ci sono poche possibilità che suo figlio sia ancora vivo, ma ha un assoluto, necessario bisogno di scoprire che cosa gli è successo. Impossibile non empatizzare per questa donna semplice e dimessa ma straordinariamente tenace e coraggiosa, cui presta il volto Mercedes Hernàndez: l’attrice offre una prova di grande intensità, valorizzata dalla regia di Valadez che le regala lunghi primi piani, soprattutto in alcune scene di dialogo, in cui la macchina da presa rimane sempre su di lei senza mai staccare sugli interlocutori.

Un’opera valida e ambiziosa

Il viaggio di Magdalena è punteggiato dall’incontro con vari personaggi, tra cui un’altra madre che ha perso il figlio e che la incoraggia nella sua ricerca e un giovane rimpatriato che, viceversa, non riesce più a rintracciare sua madre. Tra Magdalena e quest’ultimo, Miguel, si viene a creare un silenzioso legame di solidarietà, unico barlume di umanità in un contesto che, altrimenti, di umano non ha quasi nulla. E alla fine, di fronte a una verità inconcepibile nel suo orrore, sarà proprio a questo legame che Magdalena finirà per appigliarsi.

La regia di Fernanda Valadez è matura e ambiziosa: dopo un’efficace introduzione ai personaggi, il registro scelto dall’autrice è quello del freddo realismo (agghiaccianti le immagini dei sacchi neri contenenti i cadaveri, impilati nel centro di riconoscimento), che però, con il procedere della storia, vira sempre più verso una dimensione intimista e vagamente onirica, peccando forse nell’ultima parte di un simbolismo un po’ eccessivo e ridondante.

“Sin señas particulares” , nel complesso, è dunque un film  assolutamente valido e importante, sia nella forma che soprattutto nei contenuti: il valore dell’opera, d’altronde, è già stato riconosciuto dai premi vinti al Sundance Film Festival.

Voto: 7,5

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