Recensione in anteprima – TFF38 – In concorso – Esordio alla regia di Pilar Palomero, un delicato ed efficace ritratto del passaggio dall’infanzia all’adolescenza, ambientato nella Spagna dei primi anni Novanta.
La storia
Celia (Andrea Fandos) ha undici anni e studia in una scuola di suore a Saragozza, dove vive con la madre. Insieme a Brisa, una nuova compagna di classe appena trasferitasi da Barcellona, si avvia verso l’adolescenza. Crescendo, nella Spagna dell’Expo e dei Giochi Olimpici del 1992, Celia scopre che la vita è fatta di molte verità, e di qualche bugia. L’esordio alla regia di Pilar Palomero non è solo il racconto della sua vita ma anche il ritratto di molte donne spagnole cresciute negli anni Novanta, divise tra uno stile di vita tradizionale e uno ben più moderno fortemente caratterizzato dall’emancipazione.
La maturazione di una ragazzina
Il film, in concorso al Torino Film Festival, è ispirato all’infanzia della regista, che, come le protagoniste, ha frequentato un istituto femminile cattolico e conosce quindi molto bene la materia trattata. La vicenda si apre sulle prove del coro della scuola, durante le quali le suore impongono alle bambine di muovere le labbra senza emettere suoni: le meno brave, infatti, devono imparare a cantare in playback, per non rovinare l’impatto complessivo dell’esibizione.
Questo inizio, cui si ricongiungerà il finale, sintetizza benissimo il tema principale dell’opera, ossia la ricerca di Celia e delle sue amiche di una propria voce, di una propria strada, di una propria identità, laddove la rigida e conservatrice educazione cui sono sottoposte vorrebbe invece ammansirle, prepararle al matrimonio e alla devozione religiosa. Celia, bambina docile e diligente, sta per entrare nella pubertà e comincia a porsi delle domande, che esplodono con l’arrivo di Brisa, una coetanea proveniente dalla più emancipata Barcellona.
Insieme, le due ragazzine si ritrovano ad affrontare le contraddizioni tra i dettami familiari e scolastici, con i loro inviti alla morigeratezza, e ciò che invece è il mondo reale: lezioni sul matrimonio ed esortazioni alla castità si scontrano così con la scoperta di una scatola di preservativi nella camera della madre di un’amica, con le prime prove di trucco, le prime serate in discoteca e il primo giro in motorino abbracciata ad un ragazzo.
Il mondo degli adulti, insomma, comincia ad apparire esile e bugiardo agli occhi di Celia: la madre, le suore e il prete cui si confessa non sembrano in grado di fornirle delle risposte adeguate, e c’è una verità sul suo passato, su un padre apparentemente morto all’improvviso e su una nonna mai conosciuta, che deve essere affrontata e riportata a galla.
Un cast eccellente
La regia di Pilar Palomero, attenta e discreta, segue con delicatezza le sue protagoniste, mettendole sempre al centro della scena. Ma Palomero si rivela eccellente soprattutto nella direzione delle interpreti: il cast, quasi esclusivamente femminile, brilla infatti per autenticità e naturalezza, al punto da dare la sensazione di assistere ad uno scorcio di vita vera più che a un film.
In particolare merita una menzione la performance di Andrea Fandos, che nonostante la giovanissima età riesce a tratteggiare con estrema credibilità il complesso percorso di maturazione di Celia nelle sue numerose sfumature: dalla diligenza iniziale alle prime forme di disagio, dalle domande sul mondo al bisogno di verità, fino al meraviglioso primo piano finale, nel quale la ragazzina porta a compimento la sua sommessa ma determinata ribellione tirando fuori la propria voce. Un personaggio vivo, vero e a suo modo indimenticabile.
In definitiva, pur non raccontando nulla di particolarmente nuovo, “Las Niñas” è un esordio interessante, onesto, genuino, che offre un delicato ed efficace ritratto del passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Da vedere.
Voto: 7,2