Recensione – 40 anni – Nella primavera del 1979, e precisamente il 17 maggio, arrivava nelle sale italiane un’opera che oggi viene riconosciuta come un cult: parliamo de I giorni del cielo, film scritto e diretto da Terrence Malick.

Il raccolto

1916. Dopo uno scontro con un uomo nella fonderia in cui lavorava, Bill (Richard Gere) fugge da Chicago con la sorella minore Linda (Linda Manz) e la fidanzata Abby (Brooke Adams). Troveranno lavoro in Texas, presso la piantagione di grano del giovane e ricco Chuck (Sam Shepard). Quest’ultimo si innamora di Linda, credendo inoltre che la ragazza sia in realtà l’altra sorella di Bill: i due infatti avevano deciso di mentire a tutti per evitare contrattempi. Inizialmente il fastidio di Bill si trasforma in un’opportunità, perché l’uomo spinge Abby verso Chuck. Sposandolo, infatti, avrà tra le mani i terreni e la ricca fattoria, così da permettere a tutti di vivere negli agi e dimenticare la miseria. Inoltre, una grave malattia, della quale Chuck soffre, potrebbe lasciare vedova (e libera) Abby. Ma le cose non andranno come Bill aveva previsto…

Una storia d’altri tempi

“I giorni del cielo” (titolo originale Days Of Heaven) è un film che viaggia sul filo dei sentimenti e del dramma. In un’epoca nella quale la povertà e il lavoro massacrante erano tragica realtà,  Malick sviluppa un triangolo amoroso che coinvolge i protagonisti, interpretati da tre giovani promesse: Richard Gere sarebbe divenuto una star; Brooke Adams avrebbe avuto poche occasioni di misurarsi in produzioni importanti; Sam Shepard avrebbe invece avuto una lunga carriera fino alla sua scomparsa, nel 2017.

Bill, Abby e Chuck sono tre personaggi sfortunati, che alle difficoltà della vita vedranno aggiungersi l’impossibilità di raggiungere la vera felicità. Nonostante siano di diversa estrazione sociale, le loro esistenze si incroceranno; ma arrivismo, gelosia e menzogne li porteranno inevitabilmente alla dannazione. Un destino che sembra già scritto man mano che la trama va dipanandosi. A osservarli è la giovanissima Linda, la quale custodisce in segreto un profondo desiderio di libertà ed evasione.

Il cinema “più lontano” di Malick

Terrence Malick è un cineasta di indiscutibile importanza. Ma il suo percorso cinematografico ha conosciuto una pausa di vent’anni, proprio tra “I giorni del cielo” (1978) e “La sottile linea rossa” (1998). Lo stile è rimasto sempre riconoscibile, ma è indubbio che esso sia divenuto ancora più sofisticato nel corso del tempo. Eppure, rivedere adesso “Days Of Heaven” restituisce un Malick d’annata, quasi distillato dall’eccezionale formalismo del magnifico The Tree of Life (2011) o dall’elevatissima cifra tecnica del racconto della battaglia di Guadalcanal.

Delle caratteristiche proprie del cinema malickiano, ne “I giorni del cielo” ritroviamo l’attenzione alla natura che circonda i personaggi in scena e li osserva, li sovrasta, fino a coinvolgerli totalmente, nel bene e nel male. Essa è comunque più forte, dà agli uomini il necessario per vivere ma può togliergli ogni cosa quando lo decide. Accanto a questo aspetto, vi è ovviamente un comparto fotografico di prim’ordine il quale, attraverso il contributo di Néstor Almendros, dipinge dei quadri rurali di estremo fascino, completando così l’opera attraverso una straordinaria confezione. La cura nel dettaglio nelle inquadrature è la firma unica del regista statunitense.

Il film ha anche una colonna sonora di grande rilievo. Oltre al tema Acquario, tratto da Il carnevale degli animali di Camille Saint-Saëns, sono fondamentali le composizioni di Ennio Morricone, il quale ottenne la prima candidatura agli Oscar (Morricone riceverà la statuetta alla carriera nel 2007 e un secondo Oscar nel 2016 per The Hateful Eight).

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Complessivamente, “I giorni del cielo” ebbe quattro nomination (anche costumi e sonoro) e vinse proprio per la splendida fotografia sulla quale ci siamo precedentemente soffermati. Una pellicola che racconta la grandezza di un autore straordinario. Malick, oltretutto in gara al 72° Festival di Cannes con A Hidden Life, rimane ancora adesso tra i registi più amati dal pubblico e dalla critica.

Voto: 8

Di Giuseppe Causarano

Giornalista cinematografico presso diversi siti e testate italiane, mi dedico da sempre alle mie più grandi passioni, il Cinema e la Musica (in particolare le colonne sonore), che rappresentano i miei punti di riferimento personali. Tra i miei interessi anche i principali eventi internazionali dell'attualità, dello spettacolo, dello sport (soprattutto motori, calcio e ciclismo) e della cultura in generale.

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