Recensione – James Bond arriva al ventiquattresimo film della saga, Daniel Craig interpreta per la quarta volta l’agente 007 con la licenza di uccidere. Secondo film della saga a firma Sam Mendes dopo il record di incassi di Skyfall. Un film che non si avvicina ai fasti del suo predecessore ma resta comunque un buon intrattenimento.

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La morte sfila per le strade di Città del Messico e dietro la maschera di un teschio. In missione per conto di M, la defunta M che gli ha lasciato un video e un incarico spinoso da risolvere, James Bond sventa un attentato e uccide Marco Sciarra, terrorista legato a SPECTRE, una misteriosa organizzazione criminale e tentacolare. Il suo colpo di testa gli aliena Gareth Mallory, il nuovo M alle prese con pressioni politiche e Max Denbigh, membro del governo britannico che non vede l’ora di mandare in pensione i vecchi agenti dell’MI6 e di controllare con tanti occhi le agenzie del mondo. Congedato a tempo (in)determinato, Bond prosegue la sua indagine contro il parere di Mallory e con l’aiuto dei fedeli Q e Moneypenny. Tra un funerale e un inseguimento, una vedova consolabile e una gita in montagna, l’agente 007 stana Mr. White, una vecchia conoscenza con crisi di coscienza e una figlia da salvare. Bond si fa carico di entrambe e protegge Madeleine Swann dagli scagnozzi di SPECTRE, amministrata dal sadico Franz Oberhauser. È lui l’uomo dietro a tutto, è lui il megalomane da eliminare. Madeline la chiave per risalire. Per risalire alla sua nemesi, per risalire il suo tempo perduto.

“Il mio nome è Bond, James Bond”, questa la frase classica che tutti conoscono e tutti associano alla saga cinematografica che ha preso vita dai romanzi di Ian Fleming. Con “Spectre” siamo di fronte al ventiquattresimo capitolo di questa fortunata serie che dura ormai da oltre 50 anni. Il secondo film di Sam Mendes si aggancia al suo “Skyfall” con radici profonde senza invadere più di tanto la narrazione del nuovo film.

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“Spectre” proprio come il titolo suggerisce è una serie di spettri della vita di James Bond che si rifanno vivi e non è un caso che la prima fantastica scena a Città del Messico sia ambientata nel giorno della festa dei morti con tanto di scheletri e maschere inneggianti l’oltretomba. Il primo lungo pianosequenza affascina, rapisce e immortala un elegante James Bond che passeggia sui tetti e con il solita calma inglese porta a termine la missione con qualche “effetto collaterale”. E’ un Bond che con il suo stile si getta ancor di più nel moderno, in maniera illogica ma perfettamente aderente al “fumetto” bondiano.

Poi il film rallenta pian piano ma costantemente e, purtroppo, perdendo un po’ il filo del discorso, ingarbugliandolo senza un motivo ben preciso ma solo per coprire una sceneggiatura che dimostra diversi limiti. L’apprezzabile inseguimento notturno nelle strade di Roma si trasforma in un bell’inseguimento al videogame dove, inspiegabilmente Roma appare deserta, in ordine, pulita e senza traffico. Così come appaiono deserti treni, luoghi di incontro dei protagonisti e inseguimenti tra piste di scii e alpeggi.

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“Spectre” vuole incastrarsi perfettamente nella saga e ci riesce anche a costo di presentare alcuni passaggi frettolosamente ma lodevolmente citazionisti e del “Bond” classico, elegante e raffinato sciupafemmine. Ne scaturisce un buon film di intrattenimento che però non si avvicina alla complessità e concretezza filmica di “Skyfall”, scendendo anche sotto la qualità di “Casinò Royale”.

Il cast oltre all’impersonificazione per eccellenza dell’agente 007 interpretata da Daniel Craig presenta un’ottima Lèa Seydoux nella parte di Madeleine, nuova incarnazione di una moderna “B(l)ond Girl”. Monica Bellucci appare scialba e insipida nella parte di una vedova fin troppo stereotipata. Christopher Waltz non convince nella parte di un villain sì spietato ma troppo logorroico e con poco appeal.

“Spectre” è un viaggio, fisico e psichico, e se l’aspetto fisico del viaggio è ben alimentato da continui cambiamenti di location e dagli spostamenti senza soluzione di continuità di Bond e Madeleine, l’aspetto psicologico è meno marcato ma c’è, è più intimo, probabilmente più comprensibile per coloro che hanno maggiore conoscenza dell’intera saga.

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Il film di Sam Mendes affascina a tratti, è piacevole per larga parte della sua fin troppo durata e si lascia vedere nonostante qualche difetto ed eccessiva lentezza.

Voto: 6,8

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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