Recensione – 70mm – Dodicesimo lungometraggio di Christopher Nolan che, per la prima volta dirige un film biografico. “Oppenheimer” conferma lo stile del regista sia a livello narrativo sia a livello tecnico. Un film spettacolare a livello visivo con una sceneggiatura fitta e che scava nell’introspezione del protagonista. Al cinema dal 23 agosto.

La storia

È il 1926, J. Robert Oppenheimer (Cillian Murphy) è un giovane studente di fisica presso l’università di Cambridge ed è così ossessionato dall’ascoltare la lezione del professore ospite Niels Bohr (Kenneth Branagh) che, per ripicca verso l’insegnante che lo fa ritardare, arriva a un piccolissimo passo dal compiere un gesto irreparabile. È il 1954, Oppenheimer si sottopone a una serie di udienze private dove cerca di difendersi dalle accuse di comunismo, per conservare il proprio accesso allo sviluppo di progetti top secret.

È il 1958, Lewis Strauss (Robert Downey Jr) affronta un pubblico dibattimento per dimostrare la propria idoneità come Segretario del commercio di Eisenhower, ma in questa circostanza viene riesaminato il suo rapporto con Oppenheimer. In mezzo c’è naturalmente la cronaca dell’ascesa del protagonista, dai dipartimenti di fisica americana alla direzione del laboratorio di Los Alamos, dove darà vita alla prima bomba atomica.

La storia è nota ai più grazie agli studi scolastici e il film non vuole essere un documentario. Si tratta di fiction e Christopher Nolan non è avvezzo ad esporre i fatti in modo lineare. Ci sono i fatti storici che vengono collegati, immersi e ricollegati con degli approfondimenti sulla vita del protagonista, i suoi sentimenti, il suo egoismo, i suoi amori.

Un racconto infra-temporale

Nolan ha sempre dimostrato di voler utilizzare il tempo, nei suoi film, in modo poco lineare e, soprattutto, come elemento fondante alla narrazione della storia. “Oppenheimer” presenta una struttura del tempo meno estrema rispetto ad altri film ma, sicuramente, all’inizio spiazza lo spettatore che conosce poco i dettagli della storia.

La vita di J. Robert Oppenheimer ci viene presentata in un susseguirsi di colloqui, interrogatori, incontri, senza rispettare l’ordine cronologico. Prevale una ricostruzione delle vicende che dapprima mettono in risalto gli interessi principali del giovane Robert e, in seguito la costruzione della bomba.

Si tratta di una ricostruzione a posteriori spesso raccontata dallo stesso protagonista in sede di deposizione o attraverso i racconti delle testimonianze che si susseguono. Una scelta di sceneggiatura e registica che appassiona lo spettatore ma ha il difetto di dover essere sempre estremamente ritmata da continui dialoghi. I dialoghi son costruiti molto bene e la sceneggiatura permette di costruire dei personaggi profondi e sfaccettati. Non solo J.Robert Oppenheimer ma anche Lewis Strauss e alcuni dei personaggi di contorno.

E’ una storia che spesso si ferma, inquadra il protagonista con un primo piano sempre più stretto e con la sempre più palese l’angoscia di Oppenheimer per le conseguenze di quanto creato. Nel film c’è un pizzico di pentimento che, in realtà non è mai trapelato dalla realtà dei fatti.

La reazione a catena

Il film è intriso di spiegazioni scientifiche che, per ovvie ragioni,  rimangono sempre estremamente in superficie. L’ottima sceneggiatura permette di vedere un film di tre ore con poca azione e incentrato principalmente sui dialoghi in maniera fluida e senza sentire eccessivamente il peso della durata.

Un’ottima sceneggiatura, come reazione, porta anche a delle buone interpretazioni. Su tutti l’ottimo Cillian Murphy e il perfetto Robert Downey Jr. Le relazioni tra i personaggi non sono mai banali e azione e reazione degli stessi, benché spesso non eclatanti, risultano coerenti e profonde.

La gestione dei colori è un altra chiave di lettura del film. La pellicola inonda lo schermo di colori caldi durante le scene riguardanti la bomba, il bianco e nero destinato a scene di indagini controverse, colori naturali per la vita di Oppenheimer, colori freddi per le vittime.

Abbiamo utilizzato il termine “pellicola” in quanto abbiamo assistito alla proiezione in pellicola 70mm presso sala Energia del Cinema Arcadia di Melzo, una delle sole 20 sale in Europa (l’unica in Italia) adibita regolarmente alla visione in questo particolare formato voluto fortemente dallo stesso regista. Una visione, in questo formato e con un audio estremamente curato, imperdibile, a tratti commovente.

“Oppenheimer” non è un film perfetto ma risulta il film più profondo e tormentato di Nolan. Diviso idealmente in tre atti di circa un’ora, sicuramente la seconda ora è quella più provante e forse peggio riuscita. L’ ottima colonna sonora poi salva certi passaggi poco riusciti e crea enfasi per un film da vedere sicuramente al cinema.

Voto: 8,5

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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