Recensione – Era il 15 gennaio 2010 quando nelle sale italiane è giunto “Avatar” il film che sarebbe diventato, in poco tempo, il lungometraggio con più incassi worldwide nella storia del box office mondiale. James Cameron firma un film che affascina molti, che fa della tecnica del 3D qualcosa di funzionale alla vicenda e non solo accessorio. La storia è semplice e il risultato è spesso divisivo tra chi apprezza il risultato (i più) e una folta schiera di spettatori che ne soffrono la durata (forse eccessiva).
La storia
Jake Sully (Sam Worthington) è un marine costretto su una sedia a rotelle che accetta di trasferirsi sul pianeta Pandora (distante 44 anni luce dalla Terra) in sostituzione del fratello morto. Costui era uno scienziato la cui missione era quella di esplorare il pianeta mediante un avatar. Essendo l’atmosfera del pianeta tossica per gli umani sono stati creati degli esseri simili in tutto e per tutto ai nativi che possono essere ‘guidati’ dall’umano che si trova al sicuro dentro la base. Pandora però non è solo un luogo da studiare. È soprattutto un enorme giacimento di un minerale prezioso per la Terra su cui la catastrofe ecologica ha ridotto a zero le fonti di energia.
Uomini d’affari avidi e militari si trovano così uniti nel tentativo di spoliazione del pianeta. C’è però un problema: gli indigeni Na’vi non hanno alcuna intenzione di farsi colonizzare. Il compito iniziale dell’avatar di Jake sarà quello di conoscerne usi e costumi e di farsi accettare all’interno delle loro comunità. Sarà così in grado di riferire se sia possibile sottometterli. Jake conosce così Neytiri (Zoe Saldana), una guerriera Na’vi figlia del capo tribù. Da lei impara a divenire un guerriero molto diverso dal marine che è stato e se ne innamora ricambiato. Da quel momento la sua visione dell’impresa cambia.
La storia è abbastanza semplice sia nella sinossi sia nello sviluppo e per questo il film viene spesso criticato oltre al fatto di ricordare, per certi versi, ma con dinamiche esattamente opposte, la storia di “Pocahontas”. Però la storia parla anche di altro, in modo forse schematico si parla di avidità umana, di invasione degli umani, un’inversione della concezione che la civiltà è propria di un certo ambiente (umano in questo caso) rispetto a un ambiente alieno. Oltre al visibile tema ambientalista.
Il messaggio ambientalista e politico
L’umanità giunge su Pandora proprio perchè la terra è stata praticamente distrutta dallo sfruttamento delle risorse e più volte viene citata questa situazione in contrapposizione con la semplicità di vita dei Na’vi che sono in totale armonia con la natura e le risorse del loro pianeta.
L’arroganza degli umani, resi piccoli piccoli anche visivamente proprio per rimarcarne la piccolezza d’animo, stride in Pandora dove il rispetto per il terreno, sia esso sotto i piedi o tra le nuvole come le famose montagne sospese (già presenti nella pittura e in altre opere cinematografiche). Per i Na’vi invece la connessione con la natura è fondamentale.
Il tema ambientalista non è il solo tema che viene forse semplicisticamente presentato nel film. C’è anche tutta quella superbia e quella volontà mal celata degli umani di apparire come sempre “nel giusto”. In quegli anni, dopo la prima e seconda guerra del Golfo andava molto di moda la dicitura “esportare democrazia”. Ecco se da una parte è lodevole e corretto lottare affinché tutte le persone possano avare gli stessi diritti in tutto il mondo dall’altra è pretenzioso considerare inferiori (e quindi conquistabili e/o civilizzabili) culture che non si conoscono soprattutto se queste sono native del luogo.
La tecnica
“Avatar” è stato interamente girato in 3D nativo con cineprese appositamente modificate dallo stesso James Cameron che, ideata l’idea nel lontano 1996, solo con il progredire della tecnica negli anni duemila è riuscito ad ottenere il budget per girare il film come è stato apprezzato nel risultato finale con ben tre Oscar tecnici (Miglior fotografia, scenografia, effetti speciali).
Il 3D di “Avatar” risulta estremamente innovativo. Molto spesso il 3D dell’epoca tentava di affascinare il pubblico con le immagini che cercavano di “bucare” lo schermo, la famosa quarta parete, per invadere il campo visivo dello spettatore. In “Avatar” invece lo spettatore risulta immerso nell’azione, nella scena, con una profondità dell’immagine che fanno risaltare il 3D e la particolare cura con la quale Cameron ha creato le scene.
James Cameron, con il suo “Avatar” ha creato non solo un mondo ma un intero universo a noi familiare ma estraneo. E’ facile rimanere affascinati dalla visione al cinema che è il luogo che per risalta le caratteristiche tecniche, forse la storia (anche quella d’amore) non risulta così affascinante. La durata, di oltre due ore e 40 minuti, non agevola la visione in streaming o in tv. Pandora è, a tutti gli effetti, un altro mondo e il viaggio che Cameron ci offre ha bisogno di un mezzo idoneo per arrivarci.
Voto: 8