Recensione in anteprima – Venezia 79 – In concorso – Al suo quinto film, sei anni dopo il fallimentare “Planetarium”, Rebecca Zlotowski torna alla Mostra del Cinema di Venezia con un’opera semplice ma toccante sul tema del desiderio di maternità. Al cinema dal 22 settembre.

La trama

Rachel (Virginie Efira) è una donna di quarant’anni, senza figli. Ama la sua vita: gli studenti del liceo in cui insegna, gli amici, il suo ex, le lezioni di chitarra. Quando si innamora di Ali (Roschdy Zem), stringe un legame profondo anche con Leila (Callie Ferreira-Gonçalves), la figlia di quattro anni dell’uomo.

Le rimbocca le coperte prima di dormire, se ne prende cura, le vuole bene come se fosse sua. Ma amare i figli degli altri è un grosso rischio.

Una storia parzialmente autobiografica 

Con “I figli degli altri”, la regista Rebecca Zlotowski, al suo suo quinto lungometraggio, affronta il tema della maternità da un’angolazione particolare: racconta infatti il legame che si viene a creare tra Rachel, una donna sopra la quarantina il cui orologio biologico ticchetta sempre più veloce, e Leila, la piccola figlia del suo nuovo compagno.

Si tratta di un tema molto caro alla regista: lei stessa ha dichiarato di essersi trovata nella stessa condizione della sua protagonista nel corso della relazione che ha avuto con il collega Jacques Audiard. Alla luce di questa esperienza, Zlotowski si è resa conto che un personaggio del genere – una donna che fa da madre a una bambina che non è sua, che vi si affeziona pur sapendo che dovrà rinunciarvi in caso di interruzione della relazione col suo partner e che in ogni caso la bambina non la percepirà mai come sua madre – non era mai stato rappresentato prima al cinema; da qui la decisione di realizzare il film.

Che sia un’opera particolarmente sentita emerge anche dalla visione: al netto di qualche discutibile vezzo stilistico e di qualche ingenuità di scrittura, “I figli degli altri” è indubbiamente un prodotto sincero e genuino.

Differenti modi di vivere il concetto di maternità 

La protagonista Rachel, splendidamente interpretata da Virginie Efira, è anche una brava insegnante, che lotta per il bene dei suoi studenti. Il tema della maternità è quindi trattato in senso lato: anche chi non è madre può trovare la propria realizzazione nelle dinamiche relazionali con gli altri, come dimostra il finale, che forse pecca un po’ nel voler accontentare troppo lo spettatore.

Il risultato finale, comunque, è un film delicato e toccante, incentrato su una donna a cui è impossibile non voler bene. E la forza emotiva della protagonista consente di perdonare certe evidenti imperfezioni.

Voto: 6,8

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