Recensione in anteprima – Seconda prova da regista per Dan Fogelman, lo sceneggiatore, tra gli altri, dei primi due capitoli di “Cars” e soprattutto dell’acclamata serie tv “This is Us”. Dopo quasi 5 mesi dal suo arrivo nelle sale statunitensi, arriva anche in Italia “Life Itself” (La vita in un attimo). Storia di due famiglie che intrecciano il loro futuro in modo (quasi) imprevedibile. Sceneggiatura calcolata e continui drammi creano coinvolgimento nello spettatore ma anche una sensazione di eccessiva costruzione. Al cinema dal 14 febbraio.

Will (Oscar Isaac), quarantenne newyorchese abbandonato dalla moglie, ricostruisce la sua storia in una seduta di psicanalisi: l’amore per Abby (Olivia Wilde), gli anni del college, l’intimità matrimoniale, un pranzo con i genitori di lui e poi, inatteso, il giorno della separazione. O forse no. Forse nel passato di Will c’è un evento così traumatico da non poter essere raccontato… Vent’anni dopo, il frutto dell’amore fra Will e Abby, la ventenne Dylan (Olivia Cooke), rabbiosa e lacerata dall’assenza dei genitori, incontra per la strada il coetaneo Rodrigo (Alex Monner), studente di origine spagnola figlio di una coppia di lavoratori dell’Andalusia, …

Capitoli di una vita, incastri di emozioni

La sceneggiatura firmata da Dan Fogelman fa parte della black list delle migliori sceneggiature e i diritti di distribuzione della pellicola sono stati acquistati da Amazon per 10 milioni dopo un’asta con Universal e Paramount.

L’intero film è diviso in diversi capitoli che raccontano la storia dal punto di vista del personaggio o della famiglia che pian piano lo spettatore inizia a  conoscere. Diviso in modo netto in due parti, “La vita in un attimo” costituisce una carrellata di eventi, spesso drammatici, di due famiglie che intrecciano il loro destino in modo abbastanza imprevedibile e, al tempo stesso scientificamente calcolato.

La follia strabordante con la quale si viene investiti all’inizio del film è il dramma di un uomo (lasciato) solo. Will porta lo spettatore nel suo incubo, nella sua follia di uomo tradito dalla vita e dagli eventi, distrutto negli affetti nel momento della sua più grande felicità. Un dramma che fa interrogare Will in modo profondo rimettendo in discussione la visione idilliaca della sua vita con Abby.

La vita come “narratore inaffidabile”

La tesi universitaria di Abby riguarda il narratore inaffidabile. Ogni narratore di una storia è inaffidabile in quanto il punto di vista è sempre parziale, l’unico narratore affidabile può essere la vita perché imparziale, né giusta, né cattiva ma anche la vita è inaffidabile perché, per quanto possa narrare una storia attendibile risulta essa stessa dai risvolti inattesi in quanto ancora da vivere.

Concetto interessante a cui Fogelman ci fa giungere presentando prima i personaggi principali della vicenda e le loro aspirazioni e poi, sullo sfondo una filosofia abbastanza spicciola ma di sicuro impatto.

All’interno di un susseguirsi di eventi attentamente calcolati e fin troppo incastrati e pilotati la sceneggiatura è sicuramente il punto forte del film. Ricca e piena di dialoghi, di riflessioni, di situazioni che affondano nel quotidiano ma si fanno esperienza unica e irripetibile, nel bene e nel male. Forse l’obiettivo di avere tutto sotto controllo porta all’eccesso il film che appare abbastanza pretenzioso.

Tragedia e amore

“Mi chiederai mai di uscire?”
“Sto solo aspettando il momento giusto, perché chiedertelo sarà un punto di non ritorno per me. Non uscirò con un’altra donna per il resto della mia vita, non amerò un’altra donna per il resto della mia vita. Sto aspettando il momento giusto perché chiederti di uscire sarà l’occasione più importante della mia vita e voglio essere sicuro di non sbagliare niente”

La vita è fatta di occasioni da creare, di occasioni sfumate, di occasioni da sfruttare, di occasioni da cogliere. L’amore è quell’occasione. Amare è quell’opportunità di cambiare e dare senso a una vita. Ma la vita di ogni singolo personaggio, di ogni uomo, di ogni donna, di ogni famiglia fa parte di una storia più grande.

La commistione tra tragedia e amore, tra pianto di gioia e dolore, tra risate e sofferenza è vivere. Non c’è nessun personaggio che non viva in “La vita in un attimo”. Tutti sono attivi, ma non è detto che non subisca gli eventi.

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Eroe o cattivo?

“La vita si prende gioco di me, dipinge un eroe quando potrebbe essere un cattivo. Un eroe o un cattivo?”

“La vita in un attimo” cerca di interrogarsi, soprattutto nella seconda parte, su chi può essere l’eroe o l’antagonista in una vita. Nemmeno un ricco proprietario terriero che ha riscattato la memoria della bistrattata madre può essere al sicuro di giudizi netti, in un lunghissimo monologo da parte di Antonio Banderas.

La regia di Dan Fogelman si incunea tra i meandri di questi continui capovolgimenti di vista, tra le pieghe di una sceneggiatura che eccede forse un po’ troppo nel sentimentalismo coadiuvato da una colonna sonora che sottolinea anche molto gravemente i passaggi più drammatici.

Quando però il film ha il pregio di coinvolgere emotivamente lo spettatore al punto da commuoverlo e farlo riflettere sui rapporti familiari, sulla presenza o l’assenza di figure importante e sui sacrifici di genitori e figli allora al film si perdonano molte forzature e un carico di ruffianeria che, forse, ai più darà fastidio.

Voto: 7,2

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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