Recensione in anteprima – Joel Edgerton torna alla regia con l’adattamento del memoir di Garrard Conley sulla sua esperienza nel centro di rieducazione per giovani omosessuali ‘Love in action’. Un racconto vero e sconvolgente sulle pratiche di repressione accettate e sostenute in un’America contemporanea e tutt’altro che progressista, ma anche la storia di una famiglia e di un ragazzo come tanti, una riflessione sull’accettazione di sé (e dell’altro) e sulla forza e i limiti dell’amore. Sentita prova attoriale di tutto il cast per un film che però, nonostante il tema trattato e le buone intenzioni della messinscena, fatica a rendere tutta la forza della vicenda e a coinvolgere appieno lo spettatore. In sala dal 14 marzo.
Vite cancellate
Jared (Lucas Hedges) è il figlio amorevole del proprietario di una concessionaria Ford e pastore battista (Russell Crowe) e di una casalinga (Nicole Kidman), ha diciannove anni, vive in una cittadina dell’Arkansas e sta per andare al college. Qui un’esperienza traumatica lo porta ad ammettere di fronte alla famiglia la propria omosessualità: in seguito alla rivelazione, inaccettabile per il padre, Jared viene spinto a intraprendere una “terapia riparativa” nel centro guidato da Viktor Sykes (Joel Edgerton). Inizialmente il ragazzo si convince ma farà presto i conti con se stesso.
Joel Edgerton sceneggia e dirige un film su un tema durissimo ma di cui parlare è per questo ancor più necessario, e si riserva proprio la parte dell’ambiguo terapeuta (in realtà senza particolari qualifiche se non quella di essere un ex-gay purificato) che dirige il centro in cui adolescenti “deviati” devono ritrovare la retta via attraverso metodi di riabilitazione che vanno dai rimandi a un’educazione militare ulteriormente repressiva a esplicite violenze psicologiche. Assistiamo così alla terribile routine cui sono costretti i ragazzi, fatta di ricerche su alberi genealogici fasulli per ritrovare segni di devianza fra parenti di precedenti generazioni; ammissioni pubbliche di inesistenti colpe e peccati; finti sfogatoi di rabbia imposti a comando dal terapeuta; prove di forza e pseudo-riti di purificazione.
Il diavolo è nei dettagli
Lucas Hedges (candidato come miglior attore drammatico ai Golden Globes 2019) incarna perfettamente il figlio modello, buono per indole, che per docilità naturale e per amore della famiglia ha deciso di non deludere i genitori e di “cambiare”: il suo sguardo scruta con inquietudine i volti dei compagni, esamina ciò che accade, ne cerca il senso ma -naturalmente – non lo trova. Trova invece con facilità gli errori grammaticali sul materiale di studio fornito dal centro: così la mente brillante del ragazzo con un colpo d’occhio smaschera il pressapochismo di “Love in action” e del suo programma correttivo “Rifugio”, frutto delirante dell’ignoranza e dell’oscurantismo che non appartengono a nessuna religione ma solo al senso di onnipotenza umano più becero.
Seguiamo così Jared/Hedges, intrappolato nel centro, nel suo percorso interiore di presa di coscienza attraverso flashback che ci raccontano le sue esperienze, i suoi pensieri e i suoi timori sulla scoperta dell’omosessualità, fino alla graduale ma implacabile presa di coscienza. Accanto a lui, compagna silenziosa ma onnipresente, la madre Nancy/Kidman, personaggio fintamente superficiale e apparentemente remissivo, ma che rivelerà il proprio ruolo chiave al momento della resa dei conti, con parole e gesti rivoluzionari per l’abituale quiete della famiglia Eamons e per i suoi delicatissimi equilibri interni.
Sfide
L’accettazione dell’omosessualità da parte di Jared – non atto di ribellione ma scelta tanto più sofferta quanto più consapevole a causa del proprio background, ma al tempo stesso inevitabile per affermarsi con coerenza come persona -, travolge la sua famiglia, costretta a fare i conti con il “diverso”, il “nemico” in casa, ponendola di fronte ai limiti dell’amore, alle sue conseguenze, alle barriere mentali e morali che ognuno si costruisce, spingendola ad ammettere a cosa si è disposti a rinunciare per diventare migliori. E continuare ad amare.
Joel Edgerton raccoglie quindi anche lui una sfida attualissima e la porta sullo schermo in modo rispettoso e realistico, ma seguendo un percorso fin troppo prevedibile e non abbastanza incisivo: la parabola -fortunatamente – a lieto fine di Garrard Conley che ha ispirato la vicenda senza dubbio ci colpisce, ma per la propria portata sconcertante, non tanto per il racconto cinematografico che ne viene tratto.
Voto: 6,2