Recensione in anteprima – Il regista di Lion, Garth Davis, sua opera prima, torna al cinema con un film che riabilita la figura di Santa Maria Maddalena dopo che la memoria è stata distorta per diversi secoli. Un film molto scenografico, intimo, che prende i suoi tempi di riflessione ma che si lascia andare a troppe libertà e non entusiasma. Al cinema dal 15 marzo.
La storia di Maria Maddalena (Rooney Mara), una giovane donna in cerca di una nuova vita. Forzata dalla società gerarchica del suo tempo, Maria sfida la sua famiglia per unirsi ad un nuovo movimento sociale guidato dal carismatico Gesù di Nazareth (Joaquin Phoenix). Trova presto un posto per sé nel movimento e nel cuore di un viaggio che la porterà a Gerusalemme.
Garth Davis ha esordito alla direzione di un lungometraggio con lo splendido “Lion” nel 2016 e con “Maria Maddalena” si cimenta nella sua seconda regia. Il regista australiano ci presenta una storia non propriamente semplice. Infatti attorno alla figura di Maria Maddalena, la santa cattolica, vi sono stati e vi sono tuttora diversi fraintendimenti ed errori storici consolidati nella tradizione.
Il personaggio storico ed evangelico di Maria Maddalena è stato ricollocato nella dimensione che gli compete nel 2016 da Papa Francesco. Lei è la prima discepola di Gesù, l’apostola tra gli apostoli e annunciatrice del Vangelo. E’ infatti colei che rimane fino ai piedi della Croce e oltre, come prima donna tra le altre a vedere il sepolcro vuoto e a riferire la cosa a Pietro e agli apostoli. La confusione con Maria di Betania (sorella di Marta) o, come la tradizione creata da Papa Gregorio Magno nel sesto secolo vuole, con una prostituta che si salva dalla lapidazione è tanta. Inoltre quest’ultimo errore è stato perpetrato da film come “La passione di Cristo” o “L’ultima tentazione di Cristo”.
L’informazione relativa a Papa Gregorio Magno e quella riguardante Papa Francesco vengono fornite alla fine della proiezione, prima dei titoli di coda. E’ una scelta semplicemente infelice. Sarebbe stato più opportuno inserirla all’inizio così da comprendere maggiormente il perché Papa Francesco abbia voluto richiamarne la memoria come un simbolo di forte femminismo e di grande importanza per le donne.
La Maria Maddalena interpretata da un’ottima Rooney Mara è una donna forte oltre ogni limite ammissibile per quell’epoca. Contrariamente a tutte le usanze e alle tradizioni non è convinta del destino che le è stato già assegnato dalla famiglia, dal padre soprattutto che l’ha già promessa in sposa. Lasciare la famiglia e seguire Gesù è, per lei, l’affermazione della propria identità di persona oltre che di donna. Un doppio sforzo in un periodo storico molto difficile.
La regia di Garth Davis impeccabile a livello visivo con inquadrature molto eleganti, ricercate e intense sono sicuramente la parte migliore dell’intero film oltre al sopra citato messaggio riguardante la figura di Maria Maddalena. Il film però si ferma tutto in questi pochi aspetti, la regia, la fotografia, l’interpretazione di Rooney Mara e come il suo personaggio è stato costruito.
“Maria Maddalena” però, si perde in istanti e scene che vogliono essere profonde e di forte impatto emotivo intimo che, in realtà, non arrivano a destinazione. Solo nel finale, nel sacrificio sulla Croce e il conseguente annuncio della Resurrezione avviene uno scuotimento, probabilmente tardivo verso un entusiasmo che doveva partire molto prima se si guarda il messaggio in ballo.
Il film di Garth Davis non è una pellicola prettamente religiosa, il messaggio di Gesù, le sue parole sono calibrate e ponderate e non viene presentata tutta la vita di Cristo ma solo le parti più simboliche della vita che interessa il rapporto con Maria Maddalena. Vi sono anche delle licenze alquanto discutibili riguardo il comportamento di alcuni apostoli, nel finale infatti, San Pietro dovrebbe correre al sepolcro credendo alle parole di Maria Maddalena e, invece, ne dubita e, anzi sembra sminuire le parole di rinnovamento della donna.
Inoltre il Gesù interpretato da Joaquin Phoenix non è troppo convincente, un po’ imbalsamato in un personaggio, che forse, non sente propriamente suo. Non aiuta nemmeno la sceneggiatura e, soprattutto, la lingua utilizzata, si tratta per il 90% da inglese, forse sarebbe stato più opportuno dare più spazio alla lingua indigena del tempo.
Voto: 5,4