Recensione – Stephen Frears racconta la vera storia di Florence Foster Jenkins con una strepitosa Meryl Streep nella parte della protagonista e un ritrovato Hugh Grant. Tocco british nella New York negli anni della fine della seconda guerra mondiale.

New York, 1944. Florence Foster Jenkins è una megalomane facoltosa che si crede dotata per il canto. Fiaccata da una malattia che cova dietro le perle e nella penombra della sua stanza, Florence decide di perfezionare il suo ‘talento’ con un maestro compiacente. Perché marito ed entourage hanno deciso di tacitare la sua mediocrità. Cantare per Florence non è un capriccio ma una terapia che le permette di vivere pienamente, ricacciando i fantasmi. Ma quello che doveva essere un trastullo colto per apprendere il repertorio classico, diventa il desiderio incontenibile di trovare un palcoscenico. Maestro e consorte si prestano al gioco e l’accompagnano, uno al piano, l’altro in attesa dietro le quinte, sulle tavole celebri della Carnegie Hall. Nella speranza che il concerto non volga in fiasco.

Ci sono storie nella musica, nel cinema, nella letteratura, ecc, talmente strane da sembrare false e create solo appositamente per uno spettacolo, un film, un libro. La storia di Florence Foster Jenkins non è frutto di una fantasia, è una vicenda già raccontata nel film “Marguerite” del 2015 diretto da Xavier Giannoli con l’interpretazione di Catherine Frot.

Stephen Frears dirige questo nuovo film sulla “cantante che non sa cantare” affidandosi totalmente ai suoi attori. Il cast ha in Meryl Streep la sua punta di diamante. La tre volte premio Oscar illumina la scena, sfoggia il suo talento nella non facile operazione di rendere credibile una stonatura non volontaria senza scadere nel ridicolo. La Florence tratteggiata dalla sceneggiatura di Nicholas Martin è una figura complessa, in perenne volo tra l’ingenua convinzione di aver un grande talento canoro e la consapevolezza della sua condizione di malata, di moglie tradita ma amata, di ricca ereditiera contornata da amici falsi e opportunisti.

Il film è ambientato a New York nel 1944 e l’accento sulla guerra lontana non è mai troppo presente se non per i riflessi nell’umore dei soldati che hanno bisogno di svagarsi anche attraverso la musica, in qualche modo. Ambientazione americana ma atmosfera tipicamente inglese. Molto british infatti sono il ritmo delle scene e l’interpretazione di tutto il cast, in particolare il londinese Hugh Grant da prova di saper recitare in modo diverse dalle solite commediole degli ultimi anni. Grant, probabilmente, nella sua interpretazione migliore dopo “Quattro matrimoni e un funerale” e, qualcuno azzarda anche la possibilità che possa concorrere per qualche premio.

Discorso praticamente quasi scontato per Meryl Streep, probabilmente protagonista della stagione dei premi ancora una volta e anche la pacata e originale interpretazione di Simon Helberg colpisce molto anche per la perfetta integrazione con il resto del cast.

“Florence” è una commedia divertente ma non banale, un dramma personale di una coppia e la loro relazione con il mondo della musica. Una buona sceneggiatura scava a fondo questa relazione e le dinamiche, anche buffe e ricche di tenerezza, che si instaurano per coprire l’evidente incapacità canora di Florence.

Il film sorprende per la leggerezza di alcune parti e la profondità dei rapporti, per le incredibili interpretazioni dei personaggi principali e per quasi due ore di sano divertimento.

Voto: 7,3

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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