Cannes 2016 – Grazie a Cinefile.biz abbiamo una finestra sulla 69esima edizione del festival di Cannes. Vi proponiamo la recensione sul posto, del film di Park Chan-Wook (In concorso) e del film di Maren Ade (In concorso).
Recensioni di due film del week end di festival a Cannes. Grazie all’inviato, sul posto di Cinefile.biz
Winfried e sua figlia Ines non hanno un grande rapporto. Lei lavora a Bucarest e vive per il suo lavoro, ma si sente insoddisfatta. Quando il padre le fa visita a sorpresa per un week-end, Ines è imbarazzata dai continui scherzi dell’uomo, tanto che Winfried decide di travestirsi e fingere di essere il pacchiano Toni Erdmann…
Sette anni dopo aver vinto il Gran Premio della Giuria al Festival di Berlino per la regia di Alle anderen, Maren Ade arriva in concorso a Cannes 2016 con una pellicola davvero particolare. Toni Erdmann è girato come un film drammatico e ha il ritmo di un film tragico, ma è in realtà una commedia intelligente e particolarmente divertente. E’ però un divertimento amaro, perché la sceneggiatura non prepara le gag – preferendo farle esplodere dal nulla – e le gag stesse hanno sempre un fondo di malinconia che il sorriso o la risata non riescono a cancellare totalmente dalla mente dello spettatore. (Continua)
“Mademoiselle” di Park Chan-Wook
Sookee è assunta come serva personale di una nobildonna giapponese che vive in una grande villa di campagna insieme all’uomo che diventerà presto suo marito. Ma in realtà Sookee è una ladra che sta preparando la strada a un altro uomo perché possa far innamorare di sé la nobildonna e impossessarsi di tutti i suoi averi…
Park Chan-wook porta in concorso a Cannes 2016 quello che è probabilmente il suo film peggiore, adattando il romanzo Ladra di Sarah Waters (da cui una decina di anni fa la BBC aveva già realizzato un film-Tv in due parti con Sally Hawkins ed Elaine Cassidy) spostando la storia dall’Inghilterra vittoriana alla Corea occupata dal Giappone negli anni 30 del XX secolo. Mademoiselle è un triangolo amoroso in costume girato con l’eleganza tipica del regista sudcoreano ma senza la giusta attenzione per l’intreccio e i suoi ritmi, che non riesce a mantenere alta la tensione drammatica e che pare troppo innamorato di se stesso per poter sembrare qualcosa di diverso da un bell’esercizio di stile. (Continua)