Recensione – Dopo due anni è finalmente giunto anche in Italia in sole 26 sale il film che ha creato un discreto successo di pubblico in america. Oltre 60 milioni di dollari incassati in 20 settimane per questo film più adatto alla tv che al cinema e che ha già in programma un sequel in aprile.

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All’interno dell’ambiente accademico americano, la fede cristiana è dichiaratamente sotto l’attacco del pensiero scientifico. Cinici professori che abusano del proprio potere in aula per convincere i loro studenti all’abiura del credo, popolano i corridoi degli atenei. Josh è una brillante matricola determinata a difendere l’esistenza di Dio contro lo scetticismo di un insegnante disposto a tutto pur di affermare un pensiero filosofico ateo. Il professore di filosofia Jeffrey Raddison sembra voler mettere sotto scacco l’amore per il prossimo e il richiamo alla spiritualità, rifacendosi ad un atteggiamento semplicistico e dispotico. Dopo aver preteso dai suoi studenti una dichiarazione scritta che neghi l’esistenza di Dio, Raddison attacca il cristianesimo dall’alto del consiglio accademico, tentando di consolidare la tesi di non dimostrabilità e quindi l’inesistenza di un’entità divina dietro la creazione.

La trama del film vede intrecciarsi tante piccole storie di diversi personaggi utili ai fini della storia stessa; ciò che ho trovato interessante è che anche a quelli che potrebbero essere definiti ‘antagonisti’ si apre uno spiraglio di speranza e di salvezza.

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Tratto dall’omonimo libro di Rice Broocks il film, diretto da Harold Cronck, narra la storia di Josh Wheaton (Shane Harper), studente iscritto al primo anno di università che decide di seguire il corso di filosofia tenuto dal professor Jeffrey Raddison, interpretato da Kevin Sorbo (e qui mi sono lasciata scappare un “ma quello è Hercules!” nell’imbarazzo dei presenti). Alla pretesa del professor Raddison, Jeffrey si rifiuta: “Io non posso, sono cristiano..”. Da questa piccola affermazione il professor inizierà ad ostacolare il cammino universitario del ragazzo e lo sfida a singolar tenzone: il ragazzo ad ogni lezione deve dimostrare la sua tesi (“God’s not dead”). I giudici saranno i colleghi di università, tra cui spicca Martin Yip (Paul Kwo), studente della Repubblica Popolare Cinese. Piccola parentesi: nelle varie informazioni sul film non è particolarmente messa in luce questa piccola comparsa e personalmente credo che non gli siano stati riconosciuti i giusti meriti, perché Paul Kwo nella sua minuscola parte è comunque molto espressivo e sa sottolineare nei giusti momenti le sue perplessità interiori.

Da questo film, per trailer e per i commenti positivi che mi erano stati comunicati, mi aspettavo davvero di più. La trama è davvero interessante e l’inizio è promettente, ma il metodo di difesa di Josh non è per nulla convincente e, nel mondo reale, un qualsiasi professore non avrebbe difficoltà nello smontare le sue tesi. Inoltre, forse perché si tratta di un credo evangelico-protestante, si tende troppo a staccare scienza-ragione dalla fede mettendo quest’ultima al primo posto.

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Nell’opinione di chi scrive Fede e Ragione sono una coppia che va a braccetto e un dualismo così netto non è certo positivo. Dio è morto? Tutto sommato sì, Dio è morto. Il vero nocciolo della questione non è tanto se sia morto o meno, ma, alla luce della Pasqua imminente, la domanda è: è reale la Resurrezione? Forse il vero punto di partenza è davvero quello. Si deve partire dalla morte di Dio e rimanerne atterriti e inquietati per poter poi trarre delle nostre conclusioni, anche se erronee. Ma forse questa è materia dell’imminente sequel.

Una cosa non può essere o bianca o nera come questo film rischia di far intendere, lo studente può anche uscirne vincitore, ma quale è la vera vittoria? Certo è sconvolgente che in America ci siano stati reali casi come questo (sembrerebbe che il film tragga proprio spunto da una storia reale) e questo è un forte segno d’intolleranza religiosa, ma il regista vuole veramente indirizzarsi al Vero o verso un pubblico cristiano di nicchia? Perché allora c’è il rischio opposto. Anche la figura della musulmana convertita non vorrei che si rifacesse a dei luoghi comuni.

Sicuramente c’è il coraggio di affrontare un tema profondo imbarcandosi lungo i perigliosi canali di Hollywood infestati dalle mille insidie e questo è un prodotto che, anche visivamente, può reggere tranquillamente il confronto con pellicole ben più mondane.

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Vengono diffusi in centinaia di sale film come “Natale in India”, “Epic Movie”, “Natale a Rio”, “In the name of the King”, e film come “God’s not dead” faticano a trovare sale. Ora pur comprendendo che non siamo al livello di film come “Birdman”, “Inception” o anche un “Passione di Cristo”,  la trama esiste, i personaggi recitano bene I CONTENUTI NON SONO MORTI.

Il bello di questo film forse è cogliere proprio quelle piccole sfumature che sembrano rilevanti, come alcuni personaggi che si rendono si da subito antipatici, ma hanno il loro peso nella profondità del racconto. Ci sono due frasi che sottolineo e che, nella loro breve comparsa e scomparsa, potevano essere un punto d forza di cui avrebbe potuto avvalersi il regista “Non cercare di essere intelligente, dì loro solo la verità (…) Tutto questo non è per niente facile, ma è comunque semplice” [citazione del reverendo Dave, David A. R. White].

Voto di Elena: 6,9

Voto di Pinox: 6,5

Il video che fa da colonna sonora, uno dei più visti di Youtube della band australiana Newsboys

Fom per chi? Adolescenti, giovani, adulti…. come spunto per la domanda interessante: Dio è morto? Dio non è morto? Dio è risorto?

Fom perché? Al di là del taglio semplicistico e netto presente nel film, il film può essere usato per testimoniare un movimento cristiano e una Fede che presenta diverse sfide ogni giorno in diverse parti del mondo.

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