Recensione – La storia di una famiglia lungo 12 anni di crescita del protagonista ripreso pochi giorni ogni anno. Linklater ci propone questo incredibile impegno produttivo certificando la normalità di una vita in una straordinaria intuizione creativa.
Mason (8 anni) vive con sua madre Olivia e la sorella Samantha di poco più grande ma senza il padre Mason sr., da anni separato ma rimasto comunque vicino ai ragazzi. Nonostante la madre abbia la tendenza a trovare nuovi mariti non eccezionali e costringa i figli a traslocare spesso, cambiare scuola e amicizie, lo stesso i due mantengono un rapporto forte con il padre e con lei nonostante tutto, passando 12 anni della loro vita assieme fino al momento di passare al college e di lasciare la famiglia.
Il regista Linklater non gira un film, svolge un esperimento, crea un grande sforzo realizzativo e produttivo nell’allestire quest’opera che è originale a livello tecnico narrativo. Invece di girare il tutto in pochi mesi utilizzando diversi attori per ricreare le diverse età dei protagonisti, il regista filma per dodici anni per un breve tempo all’anno e riprende gli attori nel loro invecchiamento naturale. Il tempo narrativo segue il tempo produttivo e se le conseguenze sugli attori più grandi sono quasi impercettibili se non per maggiori capelli bianchi o qualche ruga in più, per gli attori protagonisti, più giovani, il cambiamento è evidente.
Non esiste nessun prologo e nessun epilogo, la vicenda parte da un Mason (Ellar Coltrane) all’età di 8 anni e prosegue di anno in anno seguendo le sue vicende scolastiche, famigliari e le diatribe con i compagni e i genitori. Tutte dinamiche assolutamente normali se non fosse per la situazione particolare della famiglia. Un padre e una madre separati e che hanno diverse altre avventure con diversi altri matrimoni.
Nonostante la particolarità famigliare, le vicende narrate sono attendibili e riscontrabili nel percorso di vita di tutti ed è sempre interessante vedere come il regista abbia lasciato spazio agli eventi di contorno per inquadrare l’anno in cui siamo. Altro elemento forte della narrazione è rappresentata da alcune scelte registe toccanti, che fanno intendere il passaggio del tempo e il distacco forzato da certe situazioni consolidate e tranquillizzanti. Un esempio su tutti: la cancellazione delle tacche numerate dallo stipite della porta. Segno di cambio casa che cancella un’intera infanzia immortalata dal raggiungimento di un altezza via via crescente di Mason.
Oltre a Mason, sono protagonisti della vicenda i genitori, Patricia Arquette, premio Oscar come non protagonista per questo ruolo e Ethan Hawke, a suo agio in questo ruolo. La sorella di Mason, Samantha è la figlia di Linklater, Lorelei, ottima prova anche per lei.
“Boyhood” è quindi un affresco di vita, un’opera che emoziona nella usa semplice complessità. Le oltre due ore e mezza di film non si fanno sentire grazie alla varietà delle situazioni ancorché queste siano vicende di tutti i giorni. Il film finisce ai 20 anni di Mason, si vocifera di un sequel con le stesse modalità produttive.
Voto: 8,2
A me è piaciuto e tanto nonostante le due ore e mezzo che ultimamente non sopportavo più, qui invece non solo non mi sono annoiato ma non mi sono nemmeno accorto della lunghezza, della ripetitività, volendo nemmeno dei cambiamenti dei protagonisti che se non l’avessi saputo forse non avrei nemmeno notato, mi è piaciuto come film e basta. Non so se col tempo manterrò questa altissima valutazione, vedremo, ma appena visto mi resta una forte emozione, forse perché con qualche annetto in più si entra meglio in sintonia non solo col protagonista ma anche con la madre?