Casa di produzione: Granato Productions
Genere: Drammatico
Regia: Joseph Cedar & Mohammad Bakri
Cast: Sasson Gabai, Saleh Bakri, Esti Ginzburg, Oded Fehr, Yehuda Levi, Etgar Keret, Iddo Goldberg
Data di uscita: 27/12/2014
Trama: Nel corso di un rastrellamento a Gaza, Hikmet Ismail (Saleh Bakri), sospetto terrorista, viene catturato e imprigionato per mano dell’esercito Israeliano. Il Colonnello Yaron (Sasson Gabai) ha il compito di estorcergli preziose informazioni con ogni mezzo. L’interrogatorio, inizialmente feroce e brutale, condurrà i due protagonisti a stringere un accordo…
Link allo script
Recensione (uomo_d della Ramaya Productions):
Con Dossier 3924 assistiamo al ritorno nei cinema virtuali di Sascha. Si tratta per me di un esordio, non avendo ancora visto all’opera la Granato Production prima di questo film e, al termine della visione, aggiungo che spero di vederla all’opera ancora a lungo, data l’ottima qualità del film proposto.
Non è un film che andrei a vedere al cinema, complice un trama che anticipa la brutalità, a dire il vero più psicologica che fisica, della pellicola e un cast di attori su cui non riesco a esprimere un giudizio, trattandosi di interpreti mediorientali a me sconosciuti.
L’analisi si sofferma per questo soprattutto sull’intreccio narrativo, che seppur semplice è estremamente coinvolgente. Si sente molto l’origine teatrale della sceneggiatura, e qui forse intravedo uno dei pochi limiti del film, che forse poteva approfittare del media cinematografico per concedere qualcosa di più all’azione, che nell’economia della pellicola è sacrificata alle parti più discorsive.
Fortunatamente, comunque, tali parti, preponderanti, hanno un ritmo e una struttura molto serrate, così com’è giusto che sia per sviluppare correttamente il proposito del film di far scaturire nello spettatore l’ansia per una vicenda così complessa come quella del conflitto israeliano palestinese.
L’ago della bilancia pende per le ragioni di questi ultimi, ma i patemi e le speranze del colonnello israeliano cercano di equilibrare parzialmente tale opinione.
I due personaggi principali sono resi molto bene, cosa che è vera invece in parte per i personaggi di contorno, ma anche questo appunto non inficia sulla riuscita del film. Il produttore lo temeva verboso, io invece ritengo che il giusto ritmo dato alle scene abbia scongiurato il rischio di una critica di questo tipo.
Interessante il finale, in cui sembra che l’interrogatorio sia ribaltato e sotto torchio sia il colonnello anziché il poeta palestinese, per cui l’empatia iniziale sembra un po’ scemare, con la consapevolezza che anch’egli non è semplice spettatore e vittima del conflitto, ma un soggetto con una valenza che rimane ambigua.
Complimenti dunque a Sascha per aver scelto di tornare con un’opera affatto “mainstream” e per essere riuscito a non “appiattire” il film alla sua fonte teatrale, anche se, come scritto sopra, forse il film avrebbe potuto fare un ulteriore salto di qualità inserendo qualche scena in più alla luce del sole, lontano dal bunker.
Questo finale di semestre ci sta regalando dei film davvero interessanti e sta riscattando l’eccesso di orrore post-hallowiniano.
Voto: 8
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