Recensione – Sesto film alla regia per il duo comico “Ficarra e Picone”, a dieci anni dal loro debutto dietro la macchina da presa continuano il loro percorso nel malcostume sociale e politico italiano utilizzandolo a fini comici. 

Salvo e Valentino sono cognati e vivono a Pietrammare, paesino della Sicilia dove gestiscono insieme un chiosco sulla piazza principale. Il marito della sorella di Valentino, a sua volta sorella della moglie di Salvo, è Pierpaolo Natoli, un professore di liceo dagli elevati valori morali e la condotta integerrima. Pierpaolo si candida a sindaco di Pietrammare contrapponendosi a Gaetano Patanè, il primo cittadino in carica, un concentrato di corruzione e malaffare: vuole proporre un cambiamento radicale che metta fine al degrado etico ed estetico che Patanè ha incoraggiato nel paese. A sorpresa, i compaesani votano Natoli sindaco, ma una volta eletto questi esigerà il rispetto assoluto delle regole: e si sa, in Italia chi invoca la legalità lo fa sempre riferendosi agli altri, mai a se stesso. Salvo e Valentino rappresentano bene la popolazione di Pietrammare: da una parte i molti, come Salvo, che nel malcostume ci sguazzano, traendone il proprio piccolo o grande tornaconto; dall’altra i pochi come Valentino che vorrebbero un paese migliore, più onesto e rispettoso del prossimo. Ma i due cognati scopriranno di essere meno diversi di quanto pensassero perché quella verso la legalità è una strada in salita, soprattutto per chi non è mai stato abituato a percorrerla.

A dieci anni dalla loro prima regia, Valentino Picone e Salvatore Ficarra, in arte “Ficarra e Picone”, continuano il loro percorso comico portando su pellicola il malcostume e i difetti degli italiani. Partendo sempre dalla loro Sicilia ma estendendo un discorso che può valere per tutta la penisola italiana, il duo comico si concentra questa volta sulla politica cavalcando più o meno consapevolmente la pessima situazione politica italiana e focalizzando l’attenzione su quella politica di base che si trova nei piccoli paesi di provincia.

Non si ride di gusto nel nuovo film di “Ficarra e Picone”, si sorride e, spesso, si sorride in modo amaro, a un passo dalla tristezza e dallo sconforto. Le situazioni, profondamente radicate nelle azioni normali di una vita quotidiana di paese, diventano espressione degli interessi di ogni singolo. L’egoismo, il proprio tornaconto personale perfettamente fotografati da una comicità dell’assurdo che, purtroppo, come la realtà insegna, tanto assurdo non è se poi ha riscontro con quanto accade veramente.

Consapevoli di doversi spingere all’eccesso e al paradosso, i due registi si avvalgono di personaggi simbolo interpretati da altrettanti attori carismatici. Abbiamo quindi il prete, concentrato agli interessi (anche economici) della parrocchia che ha il volto e la presenza di Leo Gullotta, e l’ex sindaco che si ricandida nonostante i suoi 15 anni di governo con le movenze di Tony Sperandeo.

I due registi si regalano invece le solite loro interpretazioni conflittuali con un Salvo sempre sopra le righe e un Valentino più pacato e rivolto alla legalità. L’ora legale del titolo, infatti, è solo un pretesto, una dinamica molto marginale nella vicenda ma che chiude ed apre il film in modo simbolico. Uno spostamento delle lancette in avanti verso la legalità e un successivo ritorno a un’ora indietro, verso quella solare, o meglio, non più legale.

Sebbene la politica e la corruzione anche a livello del singolo paese sia stata trattata da diversi film e da artisti come, per esempio Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, i due registi ne omaggiano la comicità ma non si incartano nelle loro solite battute. E’ pur vero che non c’è molta originalità in tutta la vicenda ma l’aspetto ironico e coraggioso dell’intero film valgono una buona sufficienza ad un film che altrimenti non avrebbe granché da dire perché purtroppo, la realtà, in campo politico, ha superato di gran lunga la finzione filmica.

Voto: 6,3

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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