Recensione in anteprima – Steven Spielberg torna al cinema con uno dei suoi attori preferiti Tom Hanks e dirige una storia di spie durante la guerra fredda. Prendendo spunto dalla vera storia di James B. Donovan il regista riesce a creare un film interessante, avvincente e ricco di tensione. Film in nelle sale dal 16 dicembre.
Brooklyn, 1957. Rudolf Abel, pittore di ritratti e di paesaggi, viene arrestato con l’accusa di essere una spia sovietica. La democrazia impone che venga processato, nonostante il regime di guerra fredda ne faccia un nemico certo e terribile. Dovrà essere una processo breve, per ribadire i principi costituzionali americani, e la scelta dell’avvocato cade su James B. Donovan, che fino a quel momento si è occupato di assicurazioni. Mentre Donovan prende sul serio la difesa di Abel, attirandosi l’incomprensione se non il disprezzo di sua moglie, del giudice e dell’opinione pubblica intera, un aereo spia americano viene abbattuto dai sovietici e il tenente Francis Gary Powers viene fatto prigioniero in Russia. Si profila la possibilità di uno scambio e la CIA incarica Donovan stesso di gestire il delicatissimo negoziato.
Il nuovo film di Steven Spielberg incarna molte delle caratteristiche del fare cinema del regista. Con un inizio pieno di silenzi e una ricercata inquadratura dei particolari il film rapisce fin dai primi minuti. L’interesse dello spettatore si fa sempre più vivo man mano che la vicenda viene introdotta e dipanata. Dopo tutto l’incipit del film è abbastanza semplice, si tratta della difesa legale di una spia russa in territorio americano. Praticamente una partita persa.
Sta poi ad una sceneggiatura ben scritta costruire un film appassionante prendendo spunto dalla vera storia di James B. Donovan e da una delle sue trattative portate a termine. E’ un susseguirsi di mosse e contromosse ben bilanciate, silenzi che esprimono non solo imbarazzo ma anche e soprattutto attesa, dialoghi fitti che spiegano quanto avviene e quanto si chiede ma che nel frattempo giocano a carte coperte come in un partita a poker o meglio come fossimo in una partita a scacchi.
Con un’ambientazione e una scenografia ben curata che ci fa rivedere una Berlino degli anni ’50 perfettamente ricostruita con le sue due facce est ed ovest così diverse ideologicamente e a livello pratico, il film è caratterizzato anche da una buona interpretazione di tutto il cast con particolare riferimento a un Tom Hanks perfettamente in parte e Mark Rylance a suo agio nei panni della spia russa fredda e distaccata con il suo solito “servirebbe”. Il personaggio interpretato da Tom Hanks è invece più complesso anche se è chiaramente definito: avvocato che sa fare il suo lavoro e oltremodo ligio al dovere e alle leggi. Lui la guerra l’ha fatta, come soldato, ha dato alla patria (e il facile riferimento a “Salvate il soldato Ryan” è un flash che appare a molti) eppure trova la giustizia necessaria nel dover difendere una spia russa, più per la persona che è rispetto alla figura invece che assume nella vicenda.
Il film offre interessanti colpi di scena e la visione non è mai noiosa anzi risulta interessante fino alla fine. Un buon prodotto insomma che mescola sapientemente noir, thriller, spy story e un pizzico di commedia.
Voto: 7,6