Recensione – Film fantascientifico ai limiti del disaster movie diretto da Vic Armstrong al suo secondo film. Un remake acerbo e pieno di difetti ancor più dell’adattamento omonimo del romanzo “Gli esclusi” di Tim LaHaye e Jerry B. Jenkins uscito al cinema nel 2000. Difficile trovare qualche buon spunto in quest’opera.

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Ray Steele è un comandante dell’aviazione civile che ha ormai un difficile rapporto con la consorte Irene dedita in modo radicale alla lettura delle Sacre Scritture. Tanto che il giorno del suo compleanno preferisce accettare un volo per Londra piuttosto che rimanere a casa con la moglie e con la figlia Chloe, tornata per l’occasione. Ray ha anche una liaison con una hostess e Chloe se ne accorge proprio mentre in aeroporto conosce il giornalista televisivo Buck Williams di cui si innamora al primo sguardo. Il volo decolla e Chloe arriva a casa da mamma e fratellino ma, di lì a poco, succede qualcosa di sconvolgente: su tutto il pianeta milioni di persone scompaiono. Anche sull’aereo pilotato da Ray nonché tra i suoi cari.

Vic Armstrong nasce stuntman (di Harrison Ford in Indiana Jones, di Sean Connery come James Bond, ecc) ed è solo al suo secondo film in 20 anni. Questo la dice lunga sul talento e soprattutto sull’esperienza del regista che dimostra tutta la sua inconsistenza nel dirigere un film che sbanda, deraglia, cambia di genere continuamente e chi più ne ha più ne metta. Tratto da “Gli Esclusi” di Tom LaHaye e Jerry B. Jenkins, primo di ben 16 libri che romanzano in versione apocalittica le profezie di Giovanni, Ezechiele e Daniele contenute nella Bibbia, il film diviene irritante fin da subito. L’inizio fa pensare a una commedia televisiva a basso budget e le note musicali che accompagnano le prime scene fan subito dubitare se si sia nella sala corretta. Sarà il primo abbinamento musicale sbagliato di una lunga, lunghissima serie, ci sarà addirittura un momento nel quale lo spettatore teme che la protagonista inizi a cantare come in un musical.

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Uno dei difetti, oltre la colonna sonora più adatta a un filmino di foto delle vacanze (o della Cresima per rimanere in tema sacro) principali del film è proprio il cambio di genere improvviso da scena a scena. Molti film mescolano diversi generi ma lo fanno con garbo, tecnica, una sceneggiatura valida, in “Left Behind” abbiamo commedia, disaster movie, azione, thriller, dramma, sentimentale, religioso, spirituale, apocalittico tutti e ripeto tutti insieme a caso, con un montaggio schizzofrenico che evidenzia tagli di scena improvvisati ed errori abbastanza evidenti tra giorno, notte, mattino, notte, pomeriggio anche qui piuttosto casuali. La fotografia si allinea al film e seppur concede alcuni momenti di buona fattura, il più delle volte si capisce abbastanza facilmente trattasi di set in interno anche per scene all’esterno. Sugli effetti speciali stendiamo un velo pietoso, il modellino di aereo che si vede nel finale in più inquadrature è la ciliegina sulla torta.

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“Oh mio Dio”, “Grazie a Dio”, “E’ colpa di Dio”, “Solo Dio lo può sapere” queste le quattro battute principe dell’intero film. E’ nominato invano Dio in questo film più di quanto è nominato invano in film volgari, cineidioti, o semplicemente che utilizzano la religione per semplice sfottò comico. A livello di sceneggiatura c’è poco altro, un discorso sulla religione e su Dio che parte da delle banalità da scuola elementare messe in bocca ad adulti come fossero perle di saggezza e finisce con frasi prevedibili, telefonate, farfugliate sui sentimenti, la famiglia, la spiegazione della vicenda. Fanno da contorno all’intera vicenda, le caratterizzazioni dei personaggi secondari che più stereotipati non si può. Nell’ordine di ricomparsa nella memoria: la tossica depressa figlia di papà, il supermanager, l’ufologo che ovviamente è esperto di complotti, la moglie isterica di un giocatore di football ovviamente di colore, il giornalista arrivato lì “per caso”, l’immancabile arabo scambiato per terrorista e dulcis in fundo: il nano, molto più simile a quel nano “per gioco” di “Wolf of Wall Street” come funzione scenica piuttosto che alla ben poco riuscita funzione che gli si vuole dare.

Nicolas Cage non è nuovo a film apocalittici e spirituali. Con questa interpretazione fonde ben tre suoi film: “Segnali dal futuro” per la parte apocalittica, “City of Angels” per la parte spirituale e “The family man” per la presenza di una simil Tea Leoni come hostess quando in realtà è la modella australiana Nicky Whelan truccata in maniera da assomigliarle molto. Nei tre film come in questo “Left Behind” l’interpretazione e le facce di Nicolas Cage sono le medesime, piatte e scialbe. Un’interpretazione del genere non sfigura in questo film ed anzi alcune scene son azzeccate ma come si suol dire anche un orologio rotto segna l’ora esatta almeno due volte al giorno no?

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Alcune volte, alla fine di un film che non ci è piaciuto pensiamo la solita frase “questo è il film più brutto che abbia mai visto” ma molte volte ci accorgiamo che la frase è stata detta a sproposito e sull’onda della delusione. Per “Left Behind” questo discorso non vale. Il film ha tutte le carte in regola per essere realmente il film più brutto che io abbia mai visto. Un film  svogliato, distratto, superficiale sotto ogni punto di vista e  non cinematografico ma televisivo, di quella televisione di decenni fa e di serie B non quella attuale dove fior fior di registi, interpreti e soprattutto sceneggiatori confezionano invece ottimi prodotti seriali.

Sì purtroppo anche “Left Behind” sembra essere il primo di una lunga serie di capitoli.

Voto: 2 che, per pura coincidenza (2%) è la percentuale su rottentomatoes

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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