Recensione in anteprima – Nicolas Cage interpreta Evan Lake, un veterano agente della CIA a cui si presenta una seconda opportunità per far giustizia. Paul Schrader dirige il premio Oscar Cage in un thriller politico abbastanza prevedibile e di poca attrattiva. Dal 9 luglio al cinema.
Nel film “il Nemico Invisibile” il premio Oscar Nicolas Cage torna sullo schermo in un nuovo thriller esplosivo, scritto e diretto da Paul Schrader. Cage interpreta il ruolo di Evan Lake, un agente veterano della CIA, che si ritrova improvvisamente ai ferri corti con l’organizzazione a cui ha dedicato tutta la sua vita e che ora lo sta spingendo a un pensionamento anticipato. Quando il giovane protetto Milton Schultz (Anton Yelchin) trova le prove che il vecchio nemico di Lake, il jihadista Muhammad Banir (Alexander Karim) potrebbe essere ancora vivo, Lake si ribella, decidendo di imbarcarsi in una pericolosissima missione intercontinentale per eliminare il suo mortale nemico.
Esistono i Thriller fotocopia, esistono i Thriller originali. Il Nemico Invisibile si pone a metà anche se gli elementi di novità son costituiti principalmente dall’aver invecchiato l’età del resoconto finale che, a tutti gli effetti è una vendetta. Altro elemento poco utilizzato ma presente in questo film fin dall’inizio è la malattia sia di Banir che di Lake. Malattia che porta a un’evidente disabilità fisica per il jihadista e malattia che porta a un malcelato problema psichico per l’agente della CIA.
Ne risulta un film zoppicante, con diversi passaggi illogici, un trucco posticcio per invecchiare o ringiovanire attori che dimostrano tutta la loro età. Un film che Schrader utilizza per seminare qualche colpo basso a CIA, la sua struttura, ciò che in realtà è diventata nell’oggi degli anni duemila rispetto alle attività del millennio scorso.
Giudizio altalenante per quanto riguarda il cast artistico. Se Anton Yelchin si dimostra una spalla affidabile e un attore che può ambire a crearsi una carriera fatta di successi, Nicolas Cage è ascrivibile nel pieno del viale del tramonto artistico imboccato da diversi anni a questa parte. Non è casuale il fatto che regista e cast abbiano quasi misconosciuto questo film alla fine del montaggio.
Tutto sommato il film si lascia vedere, intrattiene il pubblico per 90 minuti circa (sempre positivo quando il film non si dilunga inutilmente) grazie a una sceneggiatura qua e là interessante, un buon ritmo nonostante qualche scena drammaticamente ridicola. Come sempre il titolo inglese “The Dying of the Light” incasella meglio l’intero film.
Voto: 5,5