Recensione in anteprima – Roma 2018 – Presentato (anche) alla Tredicesima Festa del cinema di Roma, il sesto film di Felix Van Groeningen fa leva sulla bravura dei due attori protagonisti: Timothée Chalamet e il sempre più bravo Steve Carell. “Beautiful Boy” porta al cinema la storia vera narrata nei due libri da David Shelf e dal figlio Nick. Una storia di tossicodipendenza che mina l’unità della famiglia più solida. Al cinema dal 13 giugno.

Il problema mai risolto

Nick Shelf (Timothée Chalamet) è un bellissimo ragazzo. Lo è sempre stato, fin da bambino. Il bellissimo ragazzo del suo papà (Steve Carell). Buono, bravo, intelligente. Cresciuto con amore dal padre giornalista e dalla sua seconda moglie, Karen (Maura Tierney), artista, che ha dato a Nick due bellissimi fratelli. Da adolescente, comincia a sperimentare qualche droga, la sua preferita è la metanfetamina, ma in mancanza va bene anche l’eroina, anche in vena. Nick vorrebbe venirne fuori, ma non ci riesce: si pente, chiede aiuto, si disintossica e ci ricade. Il resto è la storia di un calvario che investe tutta la famiglia e in particolar modo quel padre che farebbe qualsiasi cosa per poterlo aiutare.

Una storia, quella di Nick e del padre David, narrata in ben due libri. “Beautiful Boy: A Father’s Journey Through His Son’s Addiction”  scritto dal David Shelf, il padre e “Tweak: Growing Up on Methamphetamine” scritto dal figlio Nick. Due punti di vista che, nel film non possono essere contrapposti in modo netto ma che creano una sensazione di discorso a tutto tondo sull’argomento.

La droga e l’utilizzo della stessa all’interno delle fasce più giovani, persino adolescenti sono stati temi dibattuti nel corso di questi ultimi decenni. Sebbene, per alcuni anni si è ritenuto essere un problema sotto controllo e relegato ad alcune fasce della popolazione, il problema, negli ultimi tempi si è ripresentato con una diffusione più ampia andando a erodere le fondamenta delle famiglie più solide.

Gli attori che reggono il film

“Beautiful Boy” ha caratteristiche precise, nette e, purtroppo ripetute. I 120 minuti, che potrebbero sembrare non tantissimi, in realtà pesano molto nello spettatore e non per l’argomento trattato.

Il film si regge e non crolla mai solo grazie alla grande prova dei due attori protagonisti. A sorprendere non è tanto Timothée Chalamet che conferma le sue interessanti abilità. La prova maggiore viene data da un inedito Steve Carell sempre più proiettato verso ruoli drammatici dall’iniziale carriera nella commedia.

Steve Carell è sublime nell’incarnare le paure, l’ansia, la nostalgia, l’affetto, la rabbia e la perseveranza di un padre che vede naufragare il figlio senza possibilità di poterlo aiutare. Reggendosi spesso sul rapporto padre-figlio e padre-figlio-droga il film rimane all’interno di un circolo che non amplia troppo la visione.

“Beautiful Boy” si incastra in un angolo, ha il pregio di raccontare bene la vicenda dei due protagonisti ma ha il difetto di specchiarsi nel bene, e nel male, troppo in esso.

Un finale che lascia il dubbio

Il punto debole di “Beautiful Boy” risulta poi essere il finale. Stiracchiato fino alla consapevole e colpevole voglia del regista di strappare la lacrima allo spettatore.

Inoltre, con la chiosa finale, il dubbio che il messaggio creato grazie alle buone scene del film venga poi depauperato è fortissimo. In alcuni spettatori potrebbe sorgere quasi la certezza contraria al messaggio a causa di una soluzione che forse è sbrigativa e semplicistica.

In fin dei conti “Beautiful Boy” è un film riuscito a metà, con ottime interpretazioni e scene eccessivamente ricattatorie. La sceneggiatura si avvale di due punti di vista molto interessanti ma nulla può riguardo a delle scelte di regia che ripropongono sovente la stessa struttura narrativa.

Voto: 6,2

Di Giuseppe Bonsignore

Fondatore di Cinematik.it nel lontano 1999, appassionato di Cinema occupa il suo tempo impiegato in un lavoro molto molto molto lontano da film e telefilm. Filmaker scadente a tempo perso, giornalista per hobby, recensore mediocre, cerca di tenere in piedi la baracca. Se non vede più di 100 film (al cinema) all'anno va in crisi d'astinenza.

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