Recensione – Dopo il grande e inaspettato successo del capitolo originario, questo secondo ne ricalca e mantiene l’ironia ma non riesce a rimpiazzare la novità. Buon episodio di passaggio verso il finale della trilogia già registrata e ora in cantiere.
La banda dei ricercatori è tornata: l’associazione a delinquere “con il più alto tasso di cultura di sempre” di Smetto quando voglio decide di ricostituirsi quando una poliziotta offre al capo, Pietro Zinni, uno sconto di pena e a tutto il gruppo la ripulitura della fedina penale, a patto che aiutino le forze dell’ordine a vincere la battaglia contro le smart drug. Così questi laureati costretti a campare di espedienti in un’Italia che non sa che farsene della loro cultura vanno a recuperare un paio di cervelli in fuga e lavorano insieme per stanare i creatori delle nuove droghe fatte con molecole non ancora illegali. Pietro però non può rivelare nulla del suo nuovo incarico alla compagna Giulia, incinta del loro primo figlio, ed è costretto ad inventare con lei bugie sempre più colorite.
Era il 2014 quando usciva nei cinema “Smetto quando voglio”, il film di Sydney Sibilia da lui anche sceneggiato. Un film particolare, che in qualche modo faceva vedere l’alba di una nuova e più coraggiosa commedia italiana. La pellicola, con un buon successo di pubblico e critica, dava una risposta pratica e ironica alla condizione sociale, e soprattutto economica, del ricercatore universitario.
Considerato il successo ottenuto dal film, Sibilia e produttori hanno pensato bene di dare seguito all’idea di questa banda di improvvisati delinquenti con ben due sequel, girati in contemporanea e da distribuire a breve distanza di un anno circa l’uno dall’altro. Il 2017 è la volta del capitolo di mezzo, il secondo della storia e il pericolo di ogni sequel di essere poco originale e non allo stesso livello del primo film è sempre dietro l’angolo.
Possiamo dire che “Smetto quando voglio: masterclass” fortunatamente si mantiene sugli stessi standard di interesse e di divertimento del primo capitolo. Certo, la novità della banda non è più un’originalità narrativa, ma, anche grazie a qualche bella scena come per esempio l’inseguimento al treno con improbabili e anacronistici mezzi di trasporto, il film gioca con lo spettatore e lo fa molto bene.
Cast confermato al completo con l’introduzione di due nuovi componenti interpretati da Giampaolo Morelli e Luigi Lo Cascio. Un allargamento della banda che, questa volta, tiene conto, nuovamente in modo ironico, di un altro problema del lavoro giovanile: la cosiddetta “fuga dei cervelli”. I due saranno recuperati dai loro “ridicoli” lavori all’estero con una sorta di doppia, amara constatazione sarcastica della realtà.
“Smetto quando voglio: masterclass” mescola bene vita privata dei protagonisti, e soprattutto del personaggio Pietro Zinni, un buon Edoardo Leo, con la missione, abbastanza improbabile che viene affidata alla banda dei ricercatori. Il film ha anche il compito di collegarsi al primo capitolo e fare da ponte al capitolo conclusivo. Riesce anche in questo e, forse, l’essere ancorato al primo film ne limita la comprensione a chi la precedente pellicola non l’ha vista.
“Purtroppo la nostra policy aziendale non ci permette di assumerti perché sei laureato. Lo so, hai fatto questo errore di gioventù che purtroppo ti segna…”
Voto: 6,6