Recensione in anteprima – Manca poco. Vaiana sta per sbarcare anche in Italia: Oceania, il cinquantaseiesimo classico Disney arriverà il 22 dicembre nelle sale italiane.
Con l’uscita del film, è scoppiata di nuovo la polemica, che per qualche tempo era stata accantonata, sul cambio del titolo e del nome della protagonista che in Italia, come anche in altri paesi europei da Moana che in lingua maori significa “oceano” ; diventa Vaiana, “acqua di grotta” in tahitiano. Inutile contestare una scelta che ormai era stata fatta e resa pubblica da tempo. E anche se il riferimento all’acqua di grotta non è del tutto fuori luogo, risulta difficile accontentarsi, quando si può avere un oceano.
Nella Polinesia di tremila anni fa, quando una terribile maledizione causata dal semidio Maui incombe sull’isola di Motu Nui, Vaiana, la figlia adolescente del capo villaggio, risponde alla chiamata dell’oceano e parte per un viaggio alla ricerca di Maui, ormai caduto in disgrazia, per costringerlo a restituire il cuore rubato alla dea Te Fiti ristabilendo così la pace e l’ordine della natura.
Il viaggio alla ricerca di se stessi, un popolo che ha bisogno di un eroe che lo salvi, una protagonista femminile forte ed emancipata. Oceania non è né la solita solfa, né una strepitosa novità: si colloca esattamente in mezzo, tra classico e moderno. Dopotutto la presenza di una forte impronta classica non sorprende per niente, dato che i registi sono Ron Clements e John Musker, il celebre duo che ha sfornato successi come La Sirenetta, Aladdin e il più recente La Principessa e il Ranocchio.
Vaiana eredita molto da tutte le sue “colleghe” Disney: come Pocahontas è la figlia del capo della sua tribù, come Rapunzel sogna di essere libera, come Jasmine disobbedisce alle regole troppo severe di un padre che la ama e cerca di proteggerla, come Ariel, che sognava la superficie, sogna di poter solcare il mare aperto, come Elsa e Merida non ha né la necessità né tanto meno il tempo di cercare l’amore e non permette a nessuno di decidere il suo futuro. Come tutte ha i suoi animaletti da compagnia: Pua, un maialino vietnamita che è stato tanto atteso e pubblicizzato nei trailer e nel merchandise, quanto poi ignorato e dimenticato nel film; e il gallo Hei Hei, che la accompagna nel suo viaggio, ma non finisce di convincere: la sua presenza infatti risulta un po’ forzata, quasi a voler inserire per forza un elemento comico non essenziale.
Come nessun’altra però, Vaiana presenta una fisionomia insolita: è tonica e robusta, niente vitino da vespa, ma una fisionomia più reale e verosimile. Ma soprattutto non ha bisogno di emanciparsi in quanto donna: il contesto storico in cui vive è una società dove la parità tra i sessi è una realtà che non viene mai messa in discussione.
Personaggio decisamente nuovo e anti convenzionale è Maui, il semidio costruito su misura per il suo interprete originale Dwayne Johnson, che ha letteralmente “un corpo che parla” raccontando la sua storia attraverso i tatuaggi di cui è coperto. Maui è un personaggio molto più complesso di quanto sembri, costantemente diviso tra l’umano e il divino, lui necessita quanto Vaiana di questo viaggio interiore, anche se ancora non lo sa.
Un punto sicuramente molto forte del film è la colonna sonora, frutto della collaborazione tra Mark Mancina (Tarzan, Koda Fratello Orso), Opetaia Foa’i e Lin Manuel Miranda. Una musica frizzante e colorata, perfettamente in grado di trasportare lo spettatore nell’atmosfera giusta senza essere mai stereotipo.
Tra gli interpreti italiani professionisti troviamo Chiara Grispo e Fabrizio Vidale, mentre gli ospiti famosi sono Angela Finocchiaro (una formidabile Nonna Tala) e Raphael Gualazzi, che con il suo granchio gigante Tamatoa (una specie di Smaug del mare) canta una canzone che dal punto di vista della reinterpretazione italiana vince su tutte.
Un consiglio: ricordatevi di rimanere dopo i titoli di coda!
Voto: 7,5