Recensione in anteprima – Premio miglior regia sezione “Un certain regard” del festival di Cannes del 2016, premio del pubblico alla Festa del Cinema di Roma, questi i biglietti da visita del film di Matt Ross. Secondo lungometraggio del regista con un film che ha nelle interpretazione del cast il punto di forza. Nelle sale dal 7 dicembre.
Ben e la moglie hanno scelto di crescere i loro sei figli lontano dalla città e dalla società, nel cuore di una foresta del Nord America. Sotto la guida costante del padre, i ragazzi, tra i cinque e i diciassette anni, passano le giornate allenandosi fisicamente e intellettualmente: cacciano per procurarsi il cibo, studiano le scienze e le lingue straniere, si confrontano in democratici dibattiti sui capolavori della letteratura e sulle conquiste della Storia. Suonano, cantano, festeggiano il compleanno di Noam Chomsky e rifiutano il Natale e la società dei consumi. La morte della madre, da tempo malata, li costringe a intraprendere un viaggio nel mondo sconosciuto della cosiddetta normalità: viaggio che farà emergere dissidi e sofferenze e obbligherà Ben e mettere in discussione la sua idea educativa.
Matt Ross dirige il suo secondo lungometraggio dopo una carriera da attore in diverse produzioni sia cinematografiche che televisive. Questo suo secondo film affonda le sue radici anche nell’esperienza umana della sua vita. La sua infanzia nelle comuni senza televisione, computer, videogiochi del tempo ha segnato la vita del regista che l’ha, in qualche modo, riportata nella sceneggiatura di questo film che porta la sua firma.
La famiglia Cash (forse il cognome non è casuale) è una chiara volontà di evadere da quella follia moderna che vede tutti connessi e in comunicazione senza però dirsi nulla di importante. Quella società moderna che non privilegia la cultura o la natura ma che butta nell’apparenza e nel consumismo a tutti i livelli intere generazioni. Però Ben Cash (un ottimo Viggo Mortensen) non è il padre perfetto. Fortemente concentrato sulla sua decisione di estraniare i suoi figli dalla società moderna rendendoli estremamente colti, preparati, educati e in eccellente forma fisica perde di vista quello di cui forse i suoi figli han bisogno: la società dei contatti, quelli veri, delle esperienze con gli amici, quelle esperienze adolescenziali e giovanili con i coetanei che, in qualche modo, fanno crescere.
La buona fede e protezione di Ben Cash si scontra però con l’assurgere a sorta di dittatore del piccolo stato che lui stesso ha creato in montagna con i suoi figli. La ribellione a questo dittatore amico è incarnata dal figlio più grande Bo e prosegue negli altri figli quando la voglia di salutare per l’ultima volta la madre prende il sopravvento sull’esilio volontario.
“Captain Fantastic” è un bellissimo film, con una fantastica sceneggiatura. Il “Fantastic” del titolo è azzeccato se si riferisce all’interpretazione di Viggo Mortensen, interpretazione che potrebbe valergli almeno una nomination ai prossimi Academy Awards. In realtà è tutto il cast che si comporta in maniera superlativa. E’ il punto forte di tutto il film insieme a una sceneggiatura accorta e che si perde un po’ nell’ultima parte. Tutti i figli, che hanno nomi inauditi perché totalmente inventati per rimarcare che sono unici al mondo, interpretano al meglio la loro età e il loro smarrimento nell’incontrare la società a loro sconosciuta. Emblematica e divertente è la scena che li vede mangiare in un fast food per la prima volta con la presenza di diversi americani sovrappeso, la più piccola chiede al padre:
“Papà, sono tutti malati”
“Perché?”
“Sono tutti così grassi”
La morte imprevista della moglie e l’avventura di lasciare la montagna per partecipare al funerale metterà a dura prova la visione di Ben Cash. Le sue certezze sul modo di educare e istruire i suoi figli e sulla stessa vita che ha fin lì intrapreso. E’ una lenta dinamica degli eventi e dei pensieri che servirà, e molto, a tutti gli spettatori che sono genitori di figli adolescenti o giovani. Un modo diverso di educare e focalizzare l’attenzione su cose più importanti della futilità quotidiana c’è, l’importante è non perdere di vista la società, quella vera, fatta di rapporti umani e non di rapporti virtuali.
In ultimo la musica è importante in questo film, non fosse altro per una versione di “Sweet child of mine” davvero indimenticabile e ben incastrata nel film. (ve la proponiamo qui di seguito)
Voto: 7,6
https://youtu.be/BR3rJ5fTIB4