Recensione – Tre dei componenti del gruppo non ufficiale denominato “Frat Pack” riprendono le vesti dei personaggi dello Zoolander originale del 2001. A 15 anni di distanza l’effetto demenziale e di divertimento non scaturisce lo stesso effetto del precedente capitolo.
Il Centro Derek Zoolander per i Bambini Che Non Sanno Leggere Bene e Che Vogliono Imparare A Fare Anche Tante Altre Cose Buone è collassato su se stesso, a due giorni dall’inaugurazione. Il suo fondatore ha perso la moglie e i servizi sociali non ci hanno messo molto a togliergli anche il figlio. Hansel ha riportato un graffio. Entrambi i super modelli hanno dunque “perso la faccia” e si sono ritirati agli estremi del pianeta. Anni dopo, il destino li riporta insieme nella città eterna per un grande evento che potrebbe rilanciare finalmente la loro carriera e permettere a Derek di riavere il figlio. Peccato che il nostro liberi involontariamente Mugatu dal carcere: sempre più travestito e sempre più folle.
Usciti dalla sala e quindi dopo la visione di questo film la domanda che molti si son fatti è stata: “ma ce n’era proprio bisogno?”. C’era proprio bisogno di un secondo capitolo dopo un primo che aveva legato moda e demenzialità in un modo originale e divertente? No. Se la domanda il pubblico se la pone, probabilmente il film non aveva ragione d’essere o, almeno non doveva essere così poco cult rispetto al primo che ha creato nel corso degli anni una certa sequela di estimatori del genere.
Ben Stiller ritorna a dirigere dopo il bel “I sogni segreti di Walter Mitty” e lo fa rispolverando uno dei suoi primi successi, quel “Zoolander”, nato un po’ per gioco e cresciuto oltre le più rosee aspettative fino a essere definito, per alcuni, uno dei film cult dei primi anni del nuovo millennio. Era quasi scontato aspettarsi di vederne un nuovo capitolo, a 15 anni di distanza e con gli stessi attori protagonisti e una serie di cameo infinita.
Il primo e unico divertimento dato dal film è il riconoscere le varie star che si susseguono nelle decine di camei. E rimane realmente l’unico motivo di divertimento di un film che vuole essere dinamico ma è ipertrofico, c’è troppo e troppo velocemente ma senza nessuna misura. Esagerato nelle sovraesposizioni rischia sempre di essere una vera e propria passerella e nulla più quando poi il film tende al dramma, al thriller e all’action che ricorda molto, complice l’ambientazione a Roma, “Spectre” e “Il Codice Da Vinci”.
Se Roma, buia e illuminata delle sue bellezze si presta ad essere perfetto sfondo e involontaria protagonista di belle immagini, purtroppo non si può dire lo stesso di tutto il film che alterna trovate che strappano qualche sorriso e scene riproposte senza troppa convinzione.
La parata di star serve anche a diluire un plot ridotto all’osso che cerca di mettere sulla giusta strada, per un buon motivo, l’ormai ex stella della moda Derek Zoolander insieme all’inseparabile Hansel McDonald. Una sceneggiatura pasticciata che solo a tratti è giustificata dal genere volutamente sopra le righe e dichiaratamente demenziale.
Ben Stiller, qui sceneggiatore, produttore, attore e regista dirige in modo sufficiente e poco accorto con buoni spunti quando si tratta di spettacolarizzare le poche scene di moda presenti con un Benedict Cumberbatch ancora una volta protagonista di un cameo estremo a tal punto da aver creato non poche critiche (infondate) dalle associazioni LGBT.
Poco si salva di questo film di cui non se ne sentiva il bisogno e che ha forzatamente riportato sullo schermo due personaggi ma non l’atmosfera cult che invece rischia di appannarsi a causa di questa nuova avventura.
Voto: 4,9