Recensione – Dopo dodici anni di tentativi Ryan Reynolds riesce a vestire i panni di Deadpool, “il mercenario chiacchierone” in un film interamente dedicato all’omonimo fumetto Marvel e tagliato su misura per lo humour cinico e corrosivo che caratterizza i personaggi da lui interpretati. Si aggiunga volgarità esplicita, una spruzzatina splatter e qualche scena politicamente non corretta e il film diverte e coinvolge.

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Wade Wilson è un mercenario senza scrupoli per cui tutto ha un prezzo, finché scopre la sua anima gemella: una prostituta di nome Vanessa. Quando tutto sembra andare per il meglio, Wilson scopre di avere un cancro all’ultimo stadio. Per questo viene avvicinato da un sinistro personaggio che ha in serbo una proposta di cura insolita. Wilson accetta ma finisce per essere vittima di un esperimento genetico dagli esiti imprevedibili.

“Una cosa non sopravvive qui: il senso dell’umorismo” afferma tenebroso Francis Freeman (Ed Skrein), colui che ha reso Wade Wilson, alias Deadpool, ciò che è diventato: un “supereroe” dalla forza e dalle agilità straordinarie con l’incredibile superpotere di rigenerarsi, ma con la caratteristica di essere sfregiato in maniera terribile su tutto il corpo a causa di una tra le più orribili torture subite durante gli esperimenti del suo acerrimo nemico.

Eppure se c’è una cosa che non si può togliere a Wade Wilson (Ryan Reynolds) e a questo maledettissimo film è proprio il senso dell’humour e la parlantina logorroica che caratterizza l’antieroe.

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Il film di per sé potrebbe facilmente piegarsi alla tradizionale storia di supereroi: origine dell’eroe, nemico spietato che rapisce la ragazza e resa dei conti finale con l’intervento di qualche altro combattete dai superpoteri, ma che questo superuomo non fosse come gli altri lo fa già presagire il fatto che si tratta del primo film della Marvel la cui visione, in USA è stata vietata ai minori di 17 anni non accompagnati (in Cina e Uzbekistan non potrà essere nemmeno distribuito). Che Deadpool, come nei fumetti e nei videogiochi, si diverta a sfondare la quarta parete e strizzi l’occhio a noi del pubblico già lo si sarebbe potuto intuire, ma in aggiunta in questo caso la censura non si è fatta troppo sentire: atmosfere pulp, esplosioni, arti amputati tramite katane, allusioni sessuali e una comicità senza freni ( il pulp si avvina  ad un Kick-Ass per intenderci). Tanto splatter.

La storia però non è così superficiale come sembra, il regista Tim Miller bene lo ha spiegato in un’intervista  “Deadpool non è solo azione: c’è anche humor, una love story e il dramma di un uomo malato di cancro che è costretto a vestire i panni del supereroe senza il suo volere”. Anche il dramma del cancro, nonostante la drammaticità dell’evento, non rompe mai l’umorismo di Deadpool e quello che il pubblico ha trovato esilarante, oltre alle tante gag oggettivamente geniali, sono i continui riferimenti (con tanto di strizzata d’occhio al pubblico) all’universo Marvel con un’attenzione particolare a Wolverine, a cui Deadpool riserba sempre una presa in giro, ma sono presenti anche richiami al mondo nerd (un’allusione sessuale Yoda/Luke, il falso incubo su Liam Neeson e non manca poi dell’autoironia, “non voglio un vestito verde” il chiaro riferimento proprio di Ryan Reynolds al Ryan Reynolds di Lanterna Verde).

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L’apice arriva quando Wade Wilson si presenta alla vuota villa degli X-men”, in cui guarda caso si presentano alla porta solo Colosso e Testata Mutante Negasonica: quale sarà il commento di Deadpool a questo fatto? Sguardo verso il pubblico esordendo con: “Non è che la Marvel …. “

La demenzialità di Deadpool parte sin da subito ad inizio film con titoli di testa inusuali riguardo ad attori e produttori su immagini fantastiche e una canzone spiazzante fino ad arrivare al finale tutto da gustare. Demenzialità e senso dell’umorismo qua regnano sovrani, nulla d’impegnativo, solo un folle Reynolds in maschera.

Voto di Elena: 7,5

Voto di Pinox : 7,8

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